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 Cercando arceria coreana.. 
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Storia e sviluppo dell’arcieria in Giappone (I parte)
DI STEFANO BENINI




Periodo arcaico, 30.000 - 250 a.C.



La cultura Giapponese ha origini sorprendentemente recenti se confrontate con quelle delle grandi culture del continente asiatico e del Mediterraneo. Egitto, India, Creta, Giudea, Grecia e Persia affondano le loro radici culturali in epoche assai più antiche. Il confronto con la Cina riveste una particolare importanza ai fini della nostra ricerca. Fin dal suo inizio la storia e la cultura giapponesi sono State intimamente connesse con quelle del continente asiatico ed in particolare con quelle della Cina. Molto probabilmente la cultura cinese ha potuto godere di reciproci scambi con le culture dell’Asia Centrale fin da tempi immemori.
Influenze cinesi, che includono tradizioni risalenti a periodi e culture più remote ancora, raggiunsero l’arcipelago Giapponese attraverso la Corea. E’ stato a buon diritto osservato che la cultura Giapponese presuppone quella della Cina continentale, sebbene tale aspetto venga spesso sopravvalutato. Tale visione, veritiera nella sostanza, troppo spesso trascura il fatto che le influenze culturali che attecchivano in Giappone non venivano semplicemente acquisite e preservate, ma integrate, in modo creativo, nella cultura locale autoctona e spesso modificate e migliorate.

I primi abitanti delle isole giapponesi facevano parte di gruppi etnici molto diversi da quelli del continente asiatico, e non provenivano certo dall’arcipelago nipponico. Essi iniziarono a spostarsi dalla parte sud dell’Asia Centrale attorno al 30.000 a.C. migrando vesto est, raggiungendo infine, oltre ad altri posti, il Giappone e, ovviamente, da li non fu loro possibile viaggiare oltre.

Allegato:
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01 – Ainu, di Capo Sõya, isola di Hokkaido.

Indossa una corazzatura in corteccia e la caratteristica faretra appesa alla fronte.

Pittura di Toyosuke Nagasaki.



La lingua Giapponese, come la maggior parte degli idiomi, nasce innanzitutto come lingua parlata E prenderà a prestito il segno figurato scritto (ideogramma) soltanto molto più tardi dalla cultura cinese. Per tale motivo, il periodo preistorico, laddove il termine indica l’assenza di documentazioni scritte, in Giappone è molto più esteso di quanto non lo sia per le civiltà e le culture occidentali.

In tali epoche preistoriche la catena di isole giapponesi era ancora parzialmente collegata al continente, ed anche dove gli istmi di terra erano stati sommersi dal mare, l’acqua era abbastanza bassa da consentirne facilmente l’attraversamento. In seguito, tuttavia, il fondo marino sprofondò

ed il livello delle acque crebbe, tagliando largamente l’arcipelago fuori dal continente. Gli Ainu, di origine proto-caucasica, pare siano stati gli ultimi sopravvissuti di uno di quei primi gruppi di migranti. Di origine indoeuropea, di carnagione bianca, essi ancora sopravvivono in circa 15-16.000 individui nell’isola di Hokkaido, nel nord del Giappone. Pare che nei secoli essi siano stati progressivamente annientati e cacciati dai giapponesi, tecnologicamente più evoluti, verso nord e verso sud. In seguito il gruppo di Ainu rifugiatosi a sud si estinse. Essi vennero anche chiamati Kumaso (dal giapponese Kuma = orso, animale venerato dagli Ainu) oppure anche Ebisu (barbari)

e vengono tuttora disprezzati dai Giapponesi. Gli Ainu usavano, ed usano ancora, un tipo di arco simmetrico lungo circa un metro e venti, in legno, piuttosto potente (E.G. Heath 1971) e con corda in tendine. Viene usato per la caccia e gli Ainu usano con questo tipo di arma, frecce avvelenate. Questo tipo di arco non si è mai diffuso nelle isole giapponesi, rimanendo appannaggio di questo gruppo etnico: non vi sono quindi collegamenti con l’arco giapponese sviluppatosi in seguito.



Vi fu tuttavia una ulteriore ondata migratoria che raggiunse il Giappone circa nello stesso periodo In cui giunsero gli Ainu: Si dice che questo gruppo etnico fosse correlato con le culture presenti nelle foreste del nord est asiatico. Tale gruppo divenne in seguito depositario della cultura Jomon (che si estese dal 10.000 al 250 a.C.). Tale nome è dovuto alle caratteristiche decorazioni del loro elaborato vasellame, il più antico rinvenuto sul pianeta finora.

Dal punto di vista antropologico ne gli Ainu e nemmeno i rappresentanti della cultura Jomon avevano caratteristiche corrispondenti a quelle della popolazione giapponese odierna, che sono essenzialmente di discendenza mongolica . Gli archeologi giapponesi ora accettano l’idea che se dovessero intraprendere scavi in Corea, questi porterebbero probabilmente alla luce reperti molto simili a quelli della cultura Jomon. Lo stesso potrebbe esser detto dell’arco Jomon, anche se venne

sviluppato poco dopo l’invenzione del vasellame (o almeno non vi sono reperti di archi anteriori al vasellame finora rinvenuti). E’ possibile che questi migranti avessero portato con se la conoscenza e l’uso dell’arco dal continente asiatico ed a conferma di ciò vi sono le punte di freccia in selce, del tutto simili a quelle giapponesi di epoca Jomon, rinvenute sul continente.


Allegato:
02.jpg


02 – Archi del periodo Jomon, III sec. d.C.



I più antichi archi oggi conservati in Giappone vennero rinvenuti nel sito di Torihama presso la prefettura di Fukui. Il reperto consiste in due archi che risalgono al primo periodo Jomon e vennero costruiti probabilmente tra il 7.000 e il 6.000 a.C. Uno di essi è lungo 1,29 m. mentre l’altro misura un metro esatto. Questi archi, fatti in legno di Kaya (Gelso, Torreya nucifera) erano completamente fasciati da cima a fondo con strisce di corteccia di betulla, probabilmente per accrescerne la resistenza e prevenirne la precoce rottura. Una tecnica sorprendente considerato che Tale estesa fasciatura è anche una caratteristica degli archi composti. Tuttavia è possibile che questi avvolgimenti riflettano la sensibilità artistica di quel popolo, dato che le decorazioni a corda del loro vasellame ricorda sorprendentemente la forma di questi avvolgimenti sugli archi.



Altri archi risalenti al periodo Jomon più recente (circa 1.000 a.C) sono stati rinvenuti. Alcuni interi ed altri solo in frammenti. Come gli altri esemplari più antichi, anche questi consistono in una semplice stecca in legno ma la loro lunghezza varia dai 70 cm. per i più corti, ai 2 m. Sorprendentemente alcuni di questi archi erano addirittura ricoperti di lacca, probabilmente al fine di renderli resistenti alle intemperie. La grande differenza in lunghezza tra questi archi non ha un significato particolare ma era probabilmente dettata dalla lunghezza del legno disponibile, che veniva ridotta solo se eccedeva di molto quella dell’altezza dell’arciere, quando l’arco sarebbe stato troppo ingombrante. Il legno più frequentemente usato erano i rami di Matsu (pino) e Kaya o Kuwa (la pianta di gelso, le cui foglie forniscono il cibo ai bachi da seta). E’ comunque certo che gli antichi archi Jomon non erano composti ma ricavati da un singolo pezzo di legno. Le descrizioni che sostengono il contrario contraddicono i più recenti rinvenimenti archeologici, che non includono archi laminati o riflessi ne in questo periodo e nemmeno nel successivo periodo

Yayoi.


Allegato:
03.jpg


03 – Arco asimmetrico raffigurato in un dotoku del periodo Yayoi (250 a.C. – 330 d.C.)


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27/05/2011, 9:39
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Periodo Yayoi: 250 a.C. - 330 d.C.



All’incirca nel terzo secolo avanti Cristo una ulteriore ondata migratoria composta di etnie mongole, arrivò dal sud della Cina e dalla Corea. Gruppi etnici più numerosi vennero cacciati da quelle zone a causa di guerre e dalla sempre crescente espansione dell’Impero Cinese sotto l’impulso della Dinastia Ch’in (221 – 207 a.C.) che riuscì per la prima volta ad unificare la Cina.

La successiva dinastia Han (207 a.C. – 220 d.C.) favorì tale espulsione. Quei gruppi appartenevano Chiaramente ad etnie mongole; una volta che essi ebbero raggiunto l’arcipelago giapponese, vi stabilirono la cultura Yayoi, dopo essersi incrociati, almeno in piccola misura, con gente di etnia e cultura Jomon. Secondo le più recenti ricerche, i giapponesi contemporanei sarebbero il risultato di questo incrocio. Gli Jomon e gli Yayoi appartenevano chiaramente ad etnie diverse tra loro, sia dal punto di vista della razza (gli Jomon erano di origini mongoliche) e sia dal punto di vista dei loro manufatti. Il vasellame della cultura Yayoi, che prende il suo nome dal sito dove per la prima volta tali reperti vennero rinvenuti, reca decorazioni più sobrie di quelle dei manufatti Jomon.

La cultura Yayoi possedeva già il tornio a ruota per la lavorazione del vasellame e conoscevano la lavorazione del bronzo e del ferro; praticava l’agricoltura e portò con se dal continente il cavallo, la mucca e la coltivazione del riso. Presso insediamenti successivi vennero rinvenuti numerosi oggetti risalenti alla dinastia cinese Han, compreso monete, specchi, campane in bronzo ed anche armi da punta e da taglio quali lance e spade. Nel suo complesso, l’arrivo di questi nuovi gruppi etnici, dette origine ad un ordine tecnologico completamente nuovo nelle isole del Giappone, pervase fino a quel periodo solamente dalla cultura Jomon di caccia e raccolta.

Mentre la gente Jomon ancora si costruiva le punte di freccia in selce, gli Yayoi erano invece in grado di forgiarsi punte in ferro, anche se continuavano a produrre punte in selce poiché tale processo costruttivo era più semplice ed economico. Le frecce tirate infatti spesso non potevano più essere recuperate e dovevano perciò essere velocemente rimpiazzate. La necessità di frecce doveva essere considerevole anche perché la coltivazione del riso ebbe come conseguenza il sorgere di conflitti per il diritto di proprietà delle terre e delle acque.



La più antica raffigurazione artistica di arco e frecce sinora rinvenuta in Giappone risale proprio al periodo Yayoi. Si tratta della decorazione su di una campana in bronzo (terzo secolo avanti Cristo) che rappresenta scene di caccia e mostra, tra altre cose, un arciere che ha appena scoccato una freccia. Quell’arciere sta impugnando il suo arco ad un terzo della lunghezza totale verso il basso.

Da questo reperto si evince che l’arco del periodo Yayoi era chiaramente asimmetrico come quello Odierno. Sulle ragioni di questa asimmetria (che l’arco Jomon non aveva) si sono fatte molte congetture ma le più plausibili sono forse da ricercarsi nelle tecniche di caccia e di guerra degli Antichi Yayoi. Durante la pesca con l’arco essi infatti dovevano tenere l’arco stabile appena al di sopra della superficie dell’acqua, ed attendere che il pesce giungesse a tiro: archi dal flettente inferiore più corto erano perciò più adatti a tale scopo.



Allegato:
004.jpg


04) – tavola schematica dei materiali e delle tipologie costruttive in funzione del tempo.





Tale paziente attesa, che ancora oggi è una caratteristica particolarmente coltivata dai giapponesi, pare fosse praticata anche durante la caccia e nei conflitti armati. Questo pare confermato da un certo numero di teschi con fori nel cranio risalenti all’epoca Yayoi.

Dall’angolazione di impatto delle frecce pare che gli arcieri attaccanti fossero accovacciati

sopra a degli alberi ad attendere l’arrivo degli avversari per colpirli dall’alto: un arco con la parte inferiore più corta sarebbe più agevole all’uso anche in questi frangenti, tuttavia le vere ragioni del mantenimento invariato di questa unica forma asimmetrica, oltre che in ragioni di ingombro, andrebbero ricercate nella inconsueta lunghezza delle frecce usate e nel tipo di materiale in seguito sempre impiegato per la costruzione dell’arco giapponese: il bambù.

Il bambù, anche se incollato longitudinalmente, conserva comunque una marcata tendenza a fendersi nel senso della lunghezza, specialmente se usato per fare un arco corto, di qui la necessità di mantenere molto lungo. L’arco giapponese, è infatti il più lungo al mondo misurando anche oltre i due metri e quaranta. All’atto pratico un arco di tale inconsueta lunghezza, anche se aperto a lunghezze di freccia considerevoli, sarebbe assai poco efficiente se impugnato al centro come un normale arco occidentale. Lo spostamento dell’impugnatura ad un terzo dal basso aumenta di molto sia la forza (carico) dell’arco che la velocità in uscita della freccia, ed in seguito si scoprì che questo tipo di arma recava in se altre potenzialità rispetto alla semplice flessione; tale aspetto verrà esposto nella parte dedicata alle scuole di tiro codificate di arco giapponese (Ryu).



A causa di questa sua asimmetria, l’arco del periodo Yayoi può essere considerato a buon diritto Il prototipo dell’arco tradizionale asimmetrico ancora oggi usato nel Kyudo. Questa forma asimmetrica venne mantenuta anche perché facilitava l’uso dell’arco da cavallo (yabusame).


Allegato:
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06) – Tavola schematica temporale della relazione tra l’arcieria e la cultura giapponese.



Periodi Yamato (300 – 710 d.C.) e Heian (794 – 1192)



Le seguenti epoche Yamato ed Heian conobbero comunque solamente l’uso dell’arco semplice, ricavato da un unico pezzo di legno in forma asimmetrica, tale arma veniva impiegata sia per la caccia che come arma in dotazione alle prime forme di milizie locali, al soldo dei primi “signori della guerra” a capo di famiglie nobili e proprietati di vasti latifondi.

Durante il tardo periodo Heian, attorno all’inizio dell’undicesimo secolo, apparvero i primi archi giapponesi compositi, vennero chiamati Fuse-take yumi (fuse = ricoprire; take = bambù; yumi = arco). Nei primi esemplari solamente la faccia esterna o dorso era ricoperta e rinforzata con uno strato di bambù, ed allo stesso tempo si continuava anche ad usare il vecchio tipo di arco in solo legno a sezione rotonda. Questo accadeva perché i nuovi archi compositi si rompevano facilmente a causa delle ancora imperfette tecniche di costruzione, ed il materiale usato per fare avvolgimenti di rinforzo non teneva a sufficienza.

In seguito gli archi vennero costruiti in diversi strati di bambù e legno (gelso o catalpa). Questo nuovo tipo di arco asimmetrico composito gradualmente soppiantò il vecchio arco semplice in un solo pezzo di legno poiché era aumentata notevolmente la sua efficienza e durata.

Questo sviluppo nelle tecniche costruttive degli archi si concluse a quanto sembra solamente al tempo delle guerre Gempei (1180 – 1185), che videro raffinarsi al massimo grado le armi e le tecniche marziali sotto l’impulso delle due più influenti famiglie che si contesero il controllo del paese: i Taira e i Minamoto. Tali tecniche costruttive vennero poi lievemente migliorate durante il seguente periodo Kamakura.



Allegato:
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08) – Un Samurai a cavallo che indossa il voluminoso Horo, un mantello studiato per deflettere le frecce. Nei periodi successivi l’Horo rimane, pur conservando solo una funzione ornamentale.



Periodo Kamakura : 1185 – 1333).



Il periodo Heian venne caratterizzato, tra le altre cose, da intensi contatti con il potente “vicino”Cinese, che già da lungo tempo possedeva l’arco composito. Vi sono quindi buone ragioni per ritenere che fu in quel periodo che le tecniche di costruzione a strati dell’arco composito raggiunsero il Giappone provenendo però dalla Cina. Anche in questo vi sarebbe un classico esempio di come la civiltà giapponese si sviluppò in molti campi: applicando un concetto cinese ad un oggetto giapponese.
Il tiro con l’arco venne essenzialmente praticato come “Kyu-jutsu” (Kyu = arco, jutsu = tecnica), durante tutto il periodo Kamakura, quindi veniva vissuto essenzialmente come una tecnica finalizzata ad un risultato nel tiro. L’elemento “tecnica” rimase predominante fino a quel periodo sebbene gli aspetti spirituali e cerimoniali non fossero affatto sconosciuti. Il Confucianesimo che raccomandava il tiro con l’arco come mezzo per perfezionare la personalità (sebbene più da un punto di vista formale), si era, dopo tutto, stabilito in Giappone fin dal quarto secolo.

Verso la fine del dodicesimo ed agli inizi del tredicesimo secolo, il Buddismo Zen venne introdotto In Giappone ad opera del monaco buddista Eisai (1141 – 1215). L’impatto dello Zen fu notevole per la cultura giapponese, specialmente quando tale visione venne in stretto contatto con il potere costituito del tempo: lo Shogunato Kamakura. Sotto quel silenzioso e potente influsso, tutte le arti marziali dei guerrieri giapponesi (Bushi – Samurai; Bushi = guerriero, Samurai = colui che è al servizio) iniziarono a cambiare. Il concetto di Kyu-justu come tecnica continuò ad esistere fino ad

inoltrato periodo Tokugawa (1600 – 1868), ed esiste tuttora in contrapposizione a “malintesi mistici” che tratteremo in seguito, tuttavia la nuova visione della realtà contenuta nel buddismo Zen venne adottata dai Samurai molto presto dal suo manifestarsi.

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STEFANO BENINI...


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