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Tiro a parabola
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Autore:  Oliviero [ 17/09/2017, 13:10 ]
Oggetto del messaggio:  Tiro a parabola

Oggi tornando dal campo riflettevo sul tiro a parabola.
Per noi è cosa abbastanza semplice.
Si apre l'arco il più possibile, possibilmente arrivando all'orecchio, coi piedi ben piantati per terra col piede anteriore orientato verso il bersaglio, ginocchia leggermente piegate e peso in avanti.
Si alza l'arco all'altezza desiderata.
Si scocca strappando.
Talvolta il movimento sembra uno solo, ma è sostanzialmente così, composto da questi semplici elementi.
Se l'arco è troppo duro, si apre un po' di meno, ma il succo non cambia.
Non è un tiro preciso, si cerca di calcolare l'effetto del vento e in mancanza di punti di riferimento ci si orienta col tip inferiore dell'arco... un po' funziona, non troppo...

Stavo appunto provando a confrontare, oggi, il nostro modo di tirare con alcuni esempi che ho visto di giovani inglesi su YouTube. Che utilizzano sculettamenti e ondeggiamenti del bacino, alzando talora il piede davanti, talora quello di dietro, seguendo la freccia dopo lo scocco, in una raffigurazione un po' grottesca che mi ha fatto venire in mente una descrizione piuttosto divertente, letta sul Toxophilus.
Per me non servono a niente.
Avete esperienza diversa?

Autore:  vtr [ 17/09/2017, 20:44 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

mah...dopo aver letto alcuni statuti ai tempi di Edoardo III sulle prove per la selezione degli arcieri da imbarcare, l'idea che il tiro a parabola fosse un metodo approssimativo per colpire oltre i 200 metri mi è un po' sbiadita... Se centrare un bersaglio della dimensione di un uomo ad un Furlong di distanza (220 yarde) con un minimo di 16 frecce su 24 come test di selezione non mi sembra proprio un'approssimazione. Se si calcola la percentuale di errore dei moderni tiratori olimpici (e considerando una distanza di più del doppio e una maggiore influenza dei fattori ambientali) direi che qui si sta parlando di ben altro, precisione più che olimpica e senza mirino. Che poi tutti gli arcieri fossero così bravi, non credo. Certo è che negli statuti successivi (i parametri non cambiano di troppo, ma cambia il metodo di reclutamento) la richiesta di precisione era praticamente simile, ed era criterio selettivo per arcieri da campagna che venivano pagati (e non poco per l'epoca) e che dovevano tenersi ben stretto il loro lavoro.

Che i "ragazzotti" inglesi di oggi abbiano fatto proprio un metodo di tiro così pittoresco, trasmesso tra loro per emulazione dei più bravi, mi fa sorridere anche a me... ma lo vedo come un umanissimo effetto collaterale. Quello che però si evince, analizzando ad esempio la sequenza di Joe Gibbs e Mark Stretton, tanto per non fare nomi, è la dinamicità del gesto. Eviterei di commentare alcune "routine" che essi adottano, possono essere certamente una personale interpretazione e meccanismo per giungere alla fase del rilascio con un movimento dinamico proiettato verso l'avanti. E questo credo avvenga per evitare il contrario, cioè evitare una posizione statica che nell'attimo della verità si risolve in un cedimento.

Consideriamo poi 1) il libbraggio che utilizzano, quasi sempre superiore alle 140 libbre, e 2) la velocità con cui riescono comunque a tirare in sequenza. Per ciò che riguarda il diffondersi dei "modi" che diventano scuola, ma che non sono legati ad una necessità funzionale, ricordo ciò che ci disse Mark Stretton, sul perché caricasse inizialmente puntando verso il basso la freccia per poi innalzarla e tendere l'arco fino alla fine... prima disse che lo faceva per una questione di sicurezza...poi confessò che si era ispirato ad un unico dipinto (quello che raffigura un momento del trionfo del principe nero nella battaglia di poitiers) dove, a margine, si nota effettivamente un arciere che tende verso il basso il suo arco... e comunque ricordando tempi passati ma meno medievali, vedete come un indiscutibile esperto di arceria contemporanea, il giovane Howard Hill, "danzava" nel suo tiro di gittata!

Autore:  vtr [ 17/09/2017, 21:00 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

Tornando alle danze pre-scocco, se volete saperne di più potete chiedere direttamente a Joe Gibbs, che dal 22 Settembre al 1 Ottobre è qui da noi per il progetto MBA! - credo abbia valide argomentazioni pratiche per adottarlo, visti i risultati che ottiene.
Sarà a Travo (PC) 23 - e 24 settembre e a Todi (30 Settembre) e Gubbio (1 Ottobre).

Autore:  Oliviero [ 17/09/2017, 23:40 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

Spero di riuscire a fare un salto, per conoscere Joe Gibbs, ma eviterò di fargli domande sulle danze di guerra della EWBS.
...Stuzzico solo quelli in cui credo di essermi guadagnato un minimo di rispetto...

Tornando a noi, parlavo degli Arcieri nel Tempo, che sono una pallida immagine degli arcieri che descrive Vtr.
Tanto per iniziare, non sono professionisti.
Secondariamente, chissà per quale motivo, taluni sono convinti che l'arco storico non necessiti di allenamento.
In terzo luogo, ed è ciò che mi fa arrabbiare di più (anche in questo forum), per qualche strano ed inspiegabile motivo si è convinti che NON è necessario che l'arciere storico ci prenda.
Ad esempio, qui tutti tirano all'orecchio, ma non ho mai sentito uno solo spiegare come fare a disassare il tiro per riuscire a mandare via una freccia diritta con questa particolare trazione (magari evitando nel contempo di tagliare la corda col paranaso dell'elmo, quando c'è). Specialmente se la scoccata è come deve essere, cioè strappata e si mira a bersagli distanti.

Ma va onestamente riconosciuto che il tiro a parabola è difficile da allenare per via degli spazi disponibili.
Per allenarsi ad un tiro dai diciamo cinquanta ai centocinquanta metri, le norme impongono trecento metri disponibili.
...In montagna allo stage annuale, forse, se l'agriturismo e ben posizionato e il padrone ben disposto, altrimenti, campi così io non ne conosco.

Si, con questi archi e al salire di potenza il rilascio dinamico è essenziale, specialmente per la precisione.
Se non entri con forza nell'arco alla scoccata, invece di stare fermo l'arco ti balla in mano quando la freccia esce, andando dove vuole lei.
Ed ora che Vtr mi ci fa pensare, queste danze in effetti finiscono sempre per spingere l'arco in avanti al momento del rilascio.
Ma in tutta onestà, prenderci a distanze così elevate richiede anche di mettere, almeno per l'istante in cui si scocca, la freccia tra noi ed il bersaglio con precisione.
Con tutti 'sti movimenti, la vedo dura riuscire a ritagliare questo breve ma necessario momento di tranquillità.
Ma vedo anche che questi arcieri non guardano mai al bersaglio.
Tirano tanto per mostrare che quegli archi si possono usare.
Se poi ci si prende, conta fino ad un certo punto.
Appunto, l'arciere storico di cui parlavo poc'anzi.

Autore:  magin [ 18/09/2017, 8:18 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

Cita:
Si apre l'arco il più possibile, possibilmente arrivando all'orecchio, coi piedi ben piantati per terra col piede anteriore orientato verso il bersaglio, ginocchia leggermente piegate e peso in avanti.


in avanti?

Cita:
Ad esempio, qui tutti tirano all'orecchio, ma non ho mai sentito uno solo spiegare come fare a disassare il tiro per riuscire a mandare via una freccia diritta con questa particolare trazione (magari evitando nel contempo di tagliare la corda col paranaso dell'elmo, quando c'è). Specialmente se la scoccata è come deve essere, cioè strappata e si mira a bersagli distanti.


si piega la testa dall'altro lato ad esempio ... io faccio cosi

Cita:
Ma vedo anche che questi arcieri non guardano mai al bersaglio


tirare a lunghe distanze come giustamente dicevi è una questione di addestramento (come anche tirare in genere). io ad esempio al momento del tiro non guardo il bersaglio. prima di tirare mi concentro sul bersaglio poi nel tirare osservo la freccia verso il cielo visualizzando mentalmente la posizione del bersaglio e pensando "deve andare la" ... e seguo la freccia con lo sguardo

Autore:  Oliviero [ 18/09/2017, 8:50 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

In avanti, cioè posto maggiormente sulla gamba che sta verso avanti, dove sta l'arco.

Autore:  Oliviero [ 18/09/2017, 8:57 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

Forse ho capito, pieghi il collo verso la schiena in modo da non disassare.
Devi aver traguardato bene prima, però, perché così non puoi più verificare la posizione della freccia rispetto al bersaglio.
Proverò, grazie.

Autore:  bac [ 18/09/2017, 12:23 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

il volo è pindarico ma non troppo: guardate un giocatore di calcio che riesce a fare lanci parabolici tutto sommato precisi, con l'arco dovrebbe essere ancora più facile , basta solo esercitarsi dalla mattina alla sera e ci si riesce tranquillamente.

Autore:  vtr [ 18/09/2017, 14:39 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

Oliviero ha scritto:
Con tutti 'sti movimenti, la vedo dura riuscire a ritagliare questo breve ma necessario momento di tranquillità.
Ma vedo anche che questi arcieri non guardano mai al bersaglio.
Tirano tanto per mostrare che quegli archi si possono usare.
Se poi ci si prende, conta fino ad un certo punto.
Appunto, l'arciere storico di cui parlavo poc'anzi.


ok per l'esempio di bac. Posso riportarne altri per esperienza diretta, ad esempio quella di un ragazzo keniota che davanti a me colpì con un sasso scagliato dalla sua "frombola" una gazzella in salto, dopo una breve rincorsa, a più di settanta passi di distanza, al primo tiro. Oppure le mie esperienze dirette giovanili, dove da settanta metri come 'esterno destro eliminavo a casabase con un lancio (e relativa rincorsa) il corridore avversario che dalla terza base cercava di far punto. Oppure la pratica con il propulsore, che richiede spesso la rincorsa (non come i damerini che tirano a venti metri che si vedono su youtube) per contare sulla penetrazione, e potrei andare avanti.

La sostanza è questa: un'azione dinamica, proiettata in avanti, permette precisione ed efficacia, a condizione che ci si lavori sopra, e tanto. Non ho alcuna difficoltà a credere agli Statuti di Edoardo III e al loro criterio selettivo. Se si lavora sul pezzo, la precisione e la dinamicità devono andare a braccetto. Come disse Inagaki Sensei, ad un seminario del '90, la valutazione positiva di un arciere è direttamente proporzionale ai calli che ha sulle dita.

E non credo che alla base degli obiettivi dei "ragazzotti inglesi" ci sia solo la necessità di mostrare che quegli archi si possano usare (o una malcelata rivalsa sulla potenza fallica), credo che alla base ci sia una vera e propria ricerca, e volontà di riscoprire delle prerogative dell'arceria antica rimaste sepolte dal fenomeno consumistico al ribasso dell'arceria contemporanea. Chi ho conosciuto (tra questi ragazzotti) ha dimostrato competenza e obiettivi "altri", molto prossimi a quelli nostri... (per adesso, e a parte alcune eccezioni, solo "teorici").
L'unico rammarico, per loro che potrebbero rivendicare a diritto una tradizione forbmidabile e una capacità non da tutti, è che non siano andati oltre ai fimati di youtube e ai loro raduni conviviali. Ma forse ha una sua logica anglosassone. Certo è che noi siamo i primi a provare una indagine scientifica sul sistema biomeccanico, e loro ne sono molto interessati. Non per nulla arrivano qui i loro uomini di spicco con il sorriso sulle labbra. Nulla di meglio che un lavoro collaborativo. Spero solo che prosegua, magari su campi paralleli (l'Università di Swansea è un'istituzione che ha iniziato un percorso che ha molti punti di contatto con il nostro) e che, con maggiori risorse, si possano raggiungere obiettivi ancora più elevati.

Autore:  Oliviero [ 18/09/2017, 16:02 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Tiro a parabola

Si, il maestro Inagaki fa suo un motto che esiste anche a Milano.

...A var pussee la "Pratica" che la "Gramatica"

Va però onestamente ammesso che, se per alcune cose non c'è scorciatoia che tenga, per altre possiamo far tesoro di chi è arrivato prima di noi e ci ha lasciato i risultati del suo percorso.
Non ha senso reinventare sempre le stesse cose, quando si può partire da dove il precedente ha finito. O quasi.
Specialmente se devi formare un arciere in pochi anni, non potendo contare su una sorta di processo di crescita perenne socialmente integrata.
...che è poi il concetto di "Tradizione" su cui talvolta calco come Catone su Cartagine.

Qui sul forum ho talvolta provato a lanciare alcuni spunti di discussione, quasi sempre con pochissimo seguito, che in realtà velano proprio uno studio che stiamo portando avanti praticamente da sempre sulla biomeccanica del tiro. In particolare, siamo anche noi arrivati alla conclusione che l'esigenza di stabilità sia possibile solo attraverso una azione dinamica (come molti, del resto, per altro ricordo un tuo articolo su TAT che aveva studiato il fenomeno nel dettaglio).
Si sta, a mio parere, probabilmente trascurando un punto chiave. Cioè che sia più facile avere maggior precisione e resistenza realizzando (come del resto in quasi tutti gli sport che prevedono un gesto atletico coordinato a tutto il corpo) una maggior core stability.
Per altro, il nostro tipo di tiro avviene in condizioni già di per sé a maggior dinamica specifica.
Il posizionamento dei sensori delle vostre elettromiografie andrebbe grandemente esteso.
Certe posizioni dei piedi, a volte così ben rappresentate, realizzano delle precise tensioni muscolari a livello del bacino e dei glutei che trovano spiegazione solo in questo modo.
Ed andrebbero comunque misurate congiuntamente alla contrazione del retto addominale (il cui contributo, nell'ottica del tiro dinamico può talora sfuggire perché può essere anche solo di carattere impulsivo, in coordinazione con la scoccata).
Da qui l'esigenza di una preparazione atletica medievale che punti in modo deciso anche sulla muscolatura antagonista, oggi meno necessaria alla pratica sportiva d'elite (e quindi trascurata, forse inopportunamente).
Una preparazione che leverebbe definitivamente il tiro con l'arco da quell'area di sport asimmetrici che gli ortopedici pediatri sconsigliano caldamente in giovane età.
Abbiamo perciò un forte bisogno di analisi quantitative che sostengano i nostri assunti "pratici", dando conferme o smentite a questo punto direzionanti per il nostro futuro sviluppo.

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