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 Guido Keller 
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Iscritto il: 27/07/2010, 9:00
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Poche cose nuove da leggere …siccome qui ci sono altri che come me sono appassionati di aviazione vorrei inserire la storia di Guido Keller della prima guerra mondiale che pochi conoscono ma che era davvero interessante … magari qualcuno la legge (da Il Fronte del Cielo):

Allegato:
Keller,_Guido_(1894-1929).jpg


Amante dell'ambiente e della natura che lo circondava, vi si immergeva vivendo in modo semplice. Guido Keller non raggiunse mai le 5 vittorie semplicemente perché non le rivendicava. Arrivò persino a cederne alcune a qualche amico che «ne aveva bisogno». La sua generosità non aveva limiti. Ad Ajello del Friuli (sede dell'80° squadriglia ), Francis Lombardi fu testimone diretto delle conseguenze della sua prodigalità: «Lo conobbi il giorno
stesso del mio arrivo in Squadriglia ad Aiello, il 23 agosto del 1917. [...] Seguiva con una strana aria supplichevole ogni passo del Ten. Guido Sambonet, [...] Questi, rispondeva secco: no, non insistere, non ti do niente. E Keller insisteva, pregando e piagnucolando. Seppi poi che Sambonet si era autoeletto, con l'approvazione del Comandante Gordesco, amministratore unico di Keller. Ritirava lui l'intero stipendio che Keller, avrebbe, come sempre aveva fatto, liquidato in poche ore, facendo acquisti strani, e regali a tutti, anche a sconosciuti»
.
Keller
era nato a Milano da una famiglia nobile. Ebbe un'infanzia ricca di stimoli. Era affascinato dalle storie di cavalieri, dame e folletti, ma anche dalle leggende della mitologia classica. La sua guerra la combattè tra Verona, Aiello del Friuli e Quinto di Treviso. Poi partecipò all'impresa di Fiume e dopo aver molto viaggiato morì in un incidente stradale nel 1929. Frequentò la scuola di volo di Mirafiori (TO) con Mario Fucini che lo ricordava per il suo particolare carattere ma soprattutto per un episodio singolare.

Un certo giorno Keller aveva deciso di giocare - come diceva lui - con le lavandaie, al satiro e le ninfee.
In altre parole le aveva inseguite completamente nudo dal fiume fino al paese suscitando grande scandalo fra la gente del posto.


Passò poi a Verona con la
73° squadriglia, pilotando uno degli Aviatik che difendevano il capoluogo scaligero.
Sorvolando la zona scoprì e allestì un'area in quota da utilizzare quando sul campo dove la sua formazione faceva base, gravava la nebbia. L'aviosuperficie di emergenza voluta da Keller fu realizzata Sant'Anna d'Alfaedo sui monti Lessini. Era un posto che assomigliava più ad un nido d'aquile che ad un aeroporto. Tuttavia fu attrezzato con hangar e baracche. Lì vicino c'era anche un villaggio dove viveva una vecchietta che preparava un ottimo caffè. Keller diede anche il proprio personale tocco artistico al sito realizzando fontanelle e laghetti artificiali ed anche una «sala elioterapica». Esisteva però un problema rappresentato da alcuni alberi che rendevano difficili gli atterraggi ostruendo la visuale e limitando lo spazio di manovra. Keller difese le piante a spada tratta battendosi per impedire che venissero abbattute. Dopo un'aspra tenzone gli alberi furono infine tagliati. Tutti tranne uno che fu personalmente decapitato dallo stesso Keller che, durante un successivo tentativo d'atterraggio, effettuato quando il campo non veniva ormai più utilizzato e finito male, vi andò a sbattere
contro distruggendo il suo SPAD.

L'estroso pilota in aeroporto era solito allevare diversi tipi di animali: polli, conigli e altro. Un giorno, dovendosi trasferire presso un'altra base, caricò il proprio
SAML con tutti gli animali del suo caravanserraglio. L'aereo era simile ad un'arca di Noè volante. Purtroppo durante il viaggio un galletto sfuggì all'osservatore che era sul sedile posteriore. Keller allora si gettò all'inseguimento del pennuto cadente e visto che in qualche modo l'animale si era posato su un campo tentò di recuperarlo atterrandovi anch'esso. Purtroppo il campetto era troppo piccolo e l'aereo cappottò. A quel punto la tragicommedia raggiunse il suo acme.
Tutta la «fauna» a bordo del velivolo che non morì nell'impatto si liberò da quella
gabbia volante e assieme al galletto già affrancato si disperse per i campi. Keller era in preda alla disperazione più per la perdita degli animali che per i danni riportati dal suo aereo.


Fu trasferito prima all'80° e poi alla 77° Squadriglia.

Non viveva sempre con i commilitoni nelle apposite baracche del campo. Si era invece fatto costruire una specie di trincea coperta vicino ad un albero ed a un ruscello, ai margini del prato, dove dimorava in maniera primordiale. Nelle ore di libertà si appollaiava sull'albero completamente nudo. Qui leggeva e svolgeva tutte le essenziali attività comprese le più... naturali, senza mai scendere dai rami, per poi immergersi nel ruscello.
Volava e passeggiava per il campo indossando solo un grigio pigiama di spugna.

Quand'era a terra usava il cappello con i gradi per farsi riconoscere, ma in missione,a bordo del suo caccia, portava un fez provvisto di corda e fiocco che svolazzava. Durante i pattugliamenti legava un libro alla carlinga e leggeva guardando di tanto in tanto fuori per non farsi sorprendere da qualche nemico. Dopo Caporetto, quando Francesco Baracca assunse il comando della 91a Squadriglia a Padova, certo non poteva lasciarsi sfuggire un tipo come Keller. Alla fine di marzo del 1918, l'eccentrico pilota giunse dunque a Treviso. Appena arrivato in città prese alloggio in albergo dove fece inorridire una cameriera. Mentre la donna sollevava la valigia di Keller, questa improvvisamente si aprì. Comparve allora un autentico teschio che sembrava sghignazzare tetramente. Sul teschio c'era il fez del pilota. Il buon Guido era solito portarselo e in volo e sistemarlo nella carlinga in modo che gli avversari potessero vederlo. Lo teneva davanti alla sua testa per impressionarli. Anche a Quinto continuò con i suoi scherzi e il suo modo eclettico di vivere. Un giorno di agosto del 1918, il parroco di Santa Cristina Don Tognana si scagliò dal pulpito additando al pubblico ludibrio un «certo ufficiale» del campo. Al velenoso rimbrotto del religioso fece però seguito anche una denuncia al locale comando dell'Arma. I carabinieri si presentarono così dal comandante del campo, Fulco Ruffo di Calabria, che viveva nella casa della famiglia Corrent. Ruffo stava facendo il bagno quando il maresciallo della benemerita bussò alla sua porta. L'aviatore lo invitò ad entrare e a spiegargli i motivi della sua irruzione. Il carabiniere spalancò l'uscio e, trovandosi di fronte, svestito, il comandante dell'aeroporto di Quinto, balbettò imbarazzato qualcosa a proposito di un uomo nudo. Si riferiva naturalmente alle imprese a sfondo «naturista» di Guido Keller. «[...] ma sì!, sono nudo - replicò argutamente Ruffo, che forse già aveva capito tutto - ma non ci faccia caso, mi dica» L'«uomo nudo» di cui il maresciallo stava parlando era però un ufficiale del campo che da qualche tempo se ne andava a zonzo per la campagna di Santa Cristina, «[...] sempre nei fossi, nascosto - spiegava il sottuffciale esce quando vede le donne, tutto nudo... questo fatto dura da una quindicina di giorni e non accenna a finire...». Il comandante Ruffo allora si rasserenò e
il carabiniere aggiunse: «Anche nei giorni di festa, sa? ...Le donne del paese invece di andare a messa vanno a vedere quel... quell'ufficiale e non si staccano più dal fosso!... [il Sile n.d.r.]».

Il parroco era indignato ma poi Keller fu assolto sia dall'ecclesiastico che da Ruffo di Calabria. Ma la fantasia del nostro pilota era inesauribile e forse era suo anche lo scherzo che combinava sul Sile di fronte alla locanda «da
Righetto». Unico locale aperto in zona, «Righetto» era per i piloti e il personale della 91° anche il luogo dove ricercare un momento di relax durante i periodi di inattività. I soldati giocavano alla Borella di fronte alla locanda, proprio in riva al Sile.
Keller compariva all'improvviso con il suo aereo arrivando a bassissima quota e si divertiva ad innaffiarli sollevando l'acqua del fiume con qualcosa che, legato ad una corda, faceva pendere dal velivolo. Un'altro sconosciuto pilota aveva poi preso l'abitudine di fare la barba con l'aereo ad un ciliegio che svettava nei pressi del campo. Il proprietario, per impedire ai ragazzini di rubargli i frutti della pianta, l'aveva avvolta nel filo spinato. Così il misterioso aviatore ne staccava a bella posta rami dalla chioma di modo che i bambini potessero impossessarsi delle ciliege. La gente si era convinta che l'uomo fosse Baracca che, in effetti, aveva un carattere gioviale ma non sarebbe mai arrivato a tanto. Una bravata come quella era invece tipica di Guido Keller. Il 29 ottobre però, l'estroso pilota non rientrò al campo da una missione di combattimento. Era stato abbattuto ma aveva salvato la pelle. Si trovava a terra, ferito e con una pallottola in corpo. I soldati austriaci accorsero verso di lui disperdendo la folla di contadini che gli si accalcavano intorno. L'ufficiale italiano non sapeva quali fossero le loro intenzioni ma conoscendo perfettamente il tedesco e le peculiarità del carattere germanico, prese in contropiede l'intera pattuglia ordinando ai soldati, nella loro lingua e con piglio tutto teutonico, di mettersi sull'attenti e di presentare le armi. Colti completamente alla sprovvista e sopraffatti da un'ondata di stupefazione, tutti i militari della pattuglia eseguirono l'ordine. L'istrionico Keller li aveva
in qualche modo ammaliati. Nel pieno della parte che recitava comandò quindi il
riposo. Poi, sempre in tedesco ordinò: «Portatemi con tutti i riguardi all'ospedale! E senza scosse!» I soldati austriaci ubbidirono di nuovo senza nulla eccepire. Erano i giorni della battaglia di Vittorio Veneto e nella confusione che accompagnava lo sbandamento avversario, Keller riuscì a fuggire dell'ospedale grazie all'arrivo degli inglesi. Raggiunse Treviso dove trovò un mezzo della
91° che lo ricondusse al campo. Qui si mise tranquillamente a raccontare alla sua maniera quel che gli era capitato. Dopo circa due ore se ne uscì con questa frase: «Adesso che vi siete divertiti a sentire le mie sciocchezze, medicatemi, perché una pallottola mi ha attraversato la coscia». Era vero... Keller, sempre sopra le righe e apparentemente esibizionista, aderiva ai movimenti che univano spiritualismo e naturalismo, assai diffusi tra i giovani tedeschi del primo Novecento. Era vegetariano e viveva in un suo mondo, «il mondo di Guido Keller» come lo chiamava lui. Dopo la guerra lo ritroviamo a Fiume, in una camera affacciata sulla piazza del porto in compagnia di un'aquila...


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08/01/2018, 21:15
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Un personaggio davvero affascinante, grazie per avercelo fatto conoscere.
Per chi non lo sapesse (Magin il tedesco lo conosce) il nome del Dionisiaco pilota significa "cantina"!
Nomen omen avrebbero detto i latini...
:lol: :lol:


09/01/2018, 0:17
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Iscritto il: 30/01/2012, 23:04
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forte ! Devo verificare se il comune di S. Anna ne sia al corrente. E' un buono spunto turistico
grazie


09/01/2018, 19:21
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