Salve a tutti,
il soffregare l'arco per "riscaldarlo" non porta a niente di reale; per sua caratteristica il legno, quando è stagionato, è un ottimo isolante termico e tentarne il riscaldamento con tale azione porterebbe solo a lucidarne la sua superficie.
L'arco teme in particolar modo il freddo semplicemente perchè quando la temperatura si abbassa l'umidità presente nell'aria diminuisce anche di molto ed è questa, negli archi troppo sollecitati, una delle cause della rottura del dorso. Un "riscaldamento" dell'arco, come suggerisce anche Luca, può aiutare a superare l'empasse ma aiuterebbe di più conservare l'arco in un ambiente a 20° e con un tasso di umidità del 50-60% (vedi tabella con spiegazioni qui:
viewtopic.php?f=11&t=1539&p=24984&hilit=tabella+umidit%C3%A0#p24984 )
Quando d'inverno lo si trasporta in auto, occhio alle bocchette del riscaldamento: corriamo il rischio di aver un flettente troppo caldo ed uno freddo!
Il legno, non protetto, si deteriora sia per l'azione dell'umidità (batteri muffe e funghi), sia per l'azione dei raggi ultravioletti che letteralmente portano la sua superficie a polverizzarsi, come si può vedere, caso limite, nelle staccionate in legno non verniciate.
Il proteggerlo con una materia grassa ha i suoi benefici, ad esempio contro la pioggia diretta, ma nulla può contro le variazioni di umidità perchè lascia traspirare il legno. Del resto, di questo spiacevole ed insufficiente effetto, se ne erano già accorti in antico tanto da usare resine, cere e bitumi vari anche mescolati insieme; i romani, patiti del color rosso arrivarono ad usare, per proteggere i manufatti in legno quali carri, portoni, finestre e giavellotti, un preparato a base di olio di lino cotto assieme al cinabro (altamente velenoso) ottenendo così una vernice rossa, siccativa, a loro piacevole ma che era impermeabile.
Da mie prove effettuate, un protettivo per il legno di facile composizione anche a casa, si ottiene mescolando resina di pino, cera d'api e grasso animale denso, mescolati a caldo: fondere prima la resina di pino, aggiungere il grasso e per ultimo la cera mescolando in continuazione; attenzione: scaldare poco perchè c'è il pericolo che schiumi o si autoincendi e la cera si "altera". Tolta dal fuoco aggiungere stando lontano dal fornello, un pò di trementina, quanto basta al fine di ottenere una "pasta" morbida quando è fredda.
Le dosi: 30+30+30+10 in percento nell'ordine citato sopra.
Al posto dell'incenso va benissimo la colofonia; la cera deve essere quella d'api; il grasso deve essere corposo e denso, ottimo quello attorno ai rognoni di bue o di mucca, ma anche la vasellina filante è ottima.
In pratica si ottiene qualcosa di molto somigliante al famoso lucido per scarponi di una volta, quello che una volta si usava in caserma... che rendeva gli scarponi impermeabili e sempre asciutti.
Spalmare soffregando con uno straccetto sul legno, lasciar riposare un giorno e ripetere l'operazione.
Una protezione migliore la dà la gommalacca data a pennello, oppure, per i non filologici, le vernici poliuteraniche anche trasparenti.
Un saluto da Raff.