Solo qualche cenno sull'evoluzione dello
yumi, il grande arco giapponese.....molto in generale perché sono più di 1000 anni di evoluzione.
La storia Giapponese parla dell'uso dell'arco fin dai tempi più antichi. Fa risalire l'uso di quest'arma all'epoca Shin dai, l'epoca dei Kami che poi non è altro che la presunta epoca di inizio dell'attuale dinastia imperiale...che ufficialmente risale al VI secolo d.c. (periodo Nara) ma che i giapponesi fanno risalire direttamente alla dea Amaterasu, che inviò suo nipote Ninigi-no-Mikoto a pacificare il Giappone il cui pro-nipote divenne il primo imperatore Jimmu (13 febbraio 711 a.C opp 9 aprile 585 a.C.)
Comunque, a quei tempi l'arco era fatto di un solo pezzo di legno di hazusa, kuwa o hazi (Il gelso) e veniva chiamato maruki
yumi.
Successivamente con l'evoluzione tecnologica i costruttori applicarono una lamina di bambù sul lato esterno per aumentarne l'elasticità e la potenza.
Questo archo si chiamava huse take no
yumi.
Man mano che l'esperienza progrediva, i costruttori applicarono anche una lamina di bambù su lato interno, cominciando così a fare un vero e proprio arco composito.
Questo arco si chiamava sanmai uchi.
Questo modello di arco continuò ad essere costruito anche per i periodi successivi, cioe: periodo Heian (784 - 1185) e periodo Kamakura (1185 - 1333).
Man mano che passavano i secoli cerano dei miglioramenti, ma la base di partenza era sempre lo sanmai uchi. I secoli delle guerre interne richiedevano grandi quantità di armi e quindi il modo più rapido ed efficace per produrle rimase tale per lungo tempo.
Andò avanti così fino al periodo Edo, quando la vittoria e l'ascesa allo shogunato dei Tokugawa, finalmente fece entrare il Giappone in un periodo di pace.
Da questo momento i costruttori di archi (e non solo) ripresero a studiare come migliorare ancora di più l'attrezzo e quindi crearono quello che ancora oggi viene usato, cioè lo mamaki
yumi, la cui struttura è piuttosto complessa.
Questo
yumi è fatto
da un insieme di sottili lamine di bambù (fino a 5) incollate insieme parte molle contro corteccia e poi affiancate esternamente
da altre due fasce di legno.
Questo pacchetto così ottenuto, viene fatto lavorare in modo che il bambù si pieghi non a favore della fibra, ma in modo trasversale.
Esternamente poi vengono incollate sul fronte (to dake) e sul retro (uchi dake) due lamine di bambù opportunamente preparate. I puntali vengono poi irrigiditi incollandoci due legni
da cui poi si ricavano le penne che accoglieranno i loop della corda.
La forma attuale degli
yumi è stata studiata proprio nel periodo Edo
da tre grandi costruttori di cui ora non ricordo il nome, ma che cercherò, ed è quella che si è rivelata in assoluto la miglore per ottenere il massimo dai materiali con cui è costruito.
Attualmente le colle usate sono sintetiche e non danno più alcun problema di tenuta, ma anticamente si usavano le colle animali (la migliore era quella ricavata dalla pelle di cervo) e queste erano soggette a cedimenti dovuti all'umidità (che in Giappone è altissima) o al calore. Infatti i giapponesi cominciarono a laccare gli archi non tanto per esigenze estetiche, quanto per esigenze di durata dell'attrezzo. In quei tempi si usavano gli archi nudi
da ottobre a maggio e poi si lasciavano riposare per impedire che l'umidità e il caldo estivo li danneggiassero. Ma con le guerre, questo non era possibile e allora i costruttori iniziarono a fasciare e laccare gli archi. Questo garantiva una maggior resistenza e durata. Una buona laccatura faceva guadagnare fino a 1 kg in più di potenza ad un arco.
Nel passato esistevano delle "aziende" specializzate nella vendita di archi in tutto il territorio imperiale. Queste aziende ordinavano agli yuni shi (i costruttori) gli archi che questi producevano usando i materiali forniti dalle aziende stesse. Queste ultime controllavano il prodotto finito e poi lo marchiavano a fuoco con il sigillo dell'azienda e lo vendevano.
Ai costruttori di archi non era consentito firmare gli archi che costruivano.
Ad esempio la
Yumi tonya, di Nishikawa Jingoro, prima bottega di
yumi a livello nazionale nel periodo Edo, aveva sotto contratto degli
yumi shi che gli producevano gli archi. Questi
yumi shi venivano pagati alla consegna di un kori, cioè un pacco di 48 archi che la bottega controllava, marchiava con il proprio nome e poi spediva al feudo che ne aveva fatto richiesta.
Gli
yumi shi però, di solito creavano un loro sigillo diero autorizzazione della bottega sotto cui erano a contratto. La bottega controllava l'opera singola dello
yumi shi e se ritenuta ottimale, l'arco veniva alvvolto in corteccia di bambù su cui veniva scritto il nome del costruttore, la data di produzione, le dimensioni dell'arco ecc.
Questo scritto veniva poi consegnato all'aquirente che non si sarebbe mai permesso di controllare prima ciò che acquistava perché bastava questo scritto a garantire la qualità dell'arco contenuto nel pacco.
Con questo sistema naquero i maestri
yumi shi che, a seconda della qualità degli archi che producevano, avevano l'autorizzazone dalla bottega a cui consegnavano, di firmare l'arco.
C'erano 2 categorie di produttori. La 1a categoria (il top) e la 2a categoria. In ognuna di queste categorie gli artigiano potevano essere di 1a, 2a, 3a o 4a classe
La 1a classe poteva firmare con nome e cognome, la 2a solo con il nome, la 3a solo con il cognome e la 4a non poteva firmare affatto. (in realtà la questione dela firma era ancora più complicata, ma come riassunto così può andare)
La potenza degli archi
da guerra, se paragonata a quelli occidentali è decisamente bassa. Nel periodo belligerante, un arco che sviluppava una potenza pari a 24 kg era considerato di media potenza ed era il punto di riferimento per la classificazione degli archi, cioè: sotto i 24 kg erano considerati archi deboli, sopra i 24 kg, archi forti.
La potenza media di un arco
da guerra era comunque intorno ai 28 kg, anche se c'erano archi che superavano i 30 kg.
Quello che rendeva queste armi micidiali era però la tecnica con cui venivano usati.
Da studi fatti dalle università giapponesi, è risultato che un
tiro effettuato con la tecnica giusta (quella usata ancora oggi dalla scuola Heki) può quasi raddoppiare la forza d'impatto della freccia. Questa tecnica è stata elaborata alla fine del 1400 e affinata per tutto il 1500 diventando poi la tecnica di
tiro ufficiale della casata dello Shogun.
Questo che ho scritto è solo un breve cenno perchè ci sarebbe moltissimo
da raccontare, ma per ora mi fermo qui altrimenti rischio di annoiarvi.