tirar d'arco storico o tirare storicamente con l'arco ?
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ligera
Iscritto il: 30/01/2012, 23:04 Messaggi: 646
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Può darsi , ma come faccio a saperlo? Infatti mi vanno tutte sempre a sinistra. Ma l'arco che uso non a la finestra. Come si fa a verificare la perpendicolarità della freccia?
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19/09/2016, 19:48 |
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Oliviero
Iscritto il: 12/06/2016, 8:06 Messaggi: 534 Località: Milano
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Ligera, si deve immaginare una retta che entri nel gomito destro, attraversi l'avambraccio e passi per la freccia andando fino al centro del bersaglio. Per fare ciò, sarà costretto a ruotare leggermente l'arco sul suo asse verticale verso l'interno (cioè in senso orario). Questo, tra l'altro, farà assumere al polso della mano dell'arco, una posizione più naturale e in linea con l'avambraccio sinistro. Utile, quando più in là alzerà il libbraggio. Insomma, questo è l'arco dei paradossi: se vuoi tirare diritto, lo devi stortare. (Inoltre, io sono mancino, tutto al contrario)
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19/09/2016, 22:43 |
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hawkwood
Iscritto il: 21/01/2014, 14:09 Messaggi: 295 Località: Segrate (MI)
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PARTE QUINTA
pag. 173-174
Ishi maneggiava sempre il suo arco con rispetto e solennità, e non cacciava mai alla leggera; per la caccia al cervo aveva poi un preciso rituale. Durante il giorno e la notte precedenti la caccia al cervo non mangiava pesce e non prendeva tabacco; quando era possibile estendeva il periodo di astensione a tre giorni e tre notti. Naturalmente in un villaggio yahi si sarebbe astenuto anche dai rapporti sessuali. Il mattino del giorno fissato per la caccia si lavava tutto, nella sua vecchia casa avrebbe fatto un bagno di sudore, si puliva con cura la bocca e si metteva in cammino senza mangiare: avrebbe mangiato sola alla fine della giornata. Lungo le braccia e le gambe incideva con una scheggia affilata di ossidiana delle nuove, leggere scarificazioni per accrescere la forza degli arti. In tutto il cerimoniale di preparazione distinguiamo due motivi: quello pratico, volto a ridurre al minimo l’odore dell’uomo in modo da non insospettire la preda, e quello magico-morale, che cerca di incanalare la libido e di rivolgerla interamente alla caccia. Solo o in compagnia, Ishi preferiva la tattica dell’adescamento e dell’imboscata a quella dell'inseguimento. Accovacciato dietro un riparo artificiale di rocce, dietro o in mezzo a un cespuglio vicino al luogo dove aveva intuito o sentito la presenza del cervo, aspettava. Aspirando aria tra una foglia di alloro piegata in due tra le labbra, poteva imitare il lamento di un cerbiatto ed essere sicuro di attirare in questo modo qualche cerva preoccupata per il suo piccolo. Oppure poteva coprirsi il capo con una testa di cervo impagliata, con dei rami a suggerire le corna. Muovendo la testa al di sopra dello schermo di pietre o di arbusti, piegandola di lato, simulava il quieto brucare di un cervo. Era certo, in questo modo, di attirare a pochi passi un altro cervo, o una cerva. Forse il nuovo venuto cadeva nell’inganno ritenendo di trovarsi di fronte a un animale della sua stessa specie, o forse la sua curiosità lo spingeva verso quella nuova, strana creatura della foresta. In ogni caso si mostrava interessato e incuriosito, cauto ma mai impaurito. Ishi aveva tutto l’agio di tirare, di mancare anche un colpo o due prima che il cervo si allarmasse. Un uomo solo armato semplicemente di arco e frecce non va a caccia con l’idea di stanare un orso grizzly. Gli Yahi cacciavano il grizzly solo quando quest’ultimo era in letargo, e in numero sufficiente a circondarlo di arbusti infuocati prima del suo totale risveglio. Anche in questo caso, soltanto un colpo molto ravvicinato poteva essere mortale. Di preferenza miravano alla bocca aperta, lanciando frecce dalla punta piccola e molto aguzza, adatte a provocare emorragia. Se l’orso attaccava, l’uomo cercava di difendersi brandendo un fascio di sterpi infuocati, mentre i compagni stringevano il cerchio per meglio scoccare le loro frecce. Dalle descrizioni dei cacciatori, bianchi o yahi, sembra proprio che la caccia al grizzly somigli molto a una corrida, nel senso che la morte sopraggiunge dopo che l’orso è stato indebolito dalla fatica e dalla perdita di sangue. Sappiamo che Ishi uccise da solo almeno un orso bruno – chiamato anche orso nero nell’Ovest. Non ne parlò mai diffusamente, ma è chiaro che era stato caricato dall’orso. Per fortuna, prima che l’animale gli fosse addosso, Ischi ebbe modo di tirare una freccia e lo colpì nella regione del cuore. Per il colpo di grazia usò una corta lancia dalla punta di ossidiana, che di solito teneva a portata di mano appesa alla cintura o infilata nella fascia che gli copriva la vita. La pelle dell’orso ucciso da Ishi contribuì a tenere lui e i suoi compagni al caldo a Wowunupo, prima del saccheggio del villaggio; curiosamente, quella stessa pelle fu donata al museo qualche anno dopo.
SEGUE...
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20/09/2016, 7:00 |
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hawkwood
Iscritto il: 21/01/2014, 14:09 Messaggi: 295 Località: Segrate (MI)
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pag 174-175
Per l’appassionato di tiro con l’arco, una delle cose più interessanti di Ishi era la sua tecnica di tiro. Oggi un buon arciere conosce le tecniche classiche, i diversi tipi di arco e i modi di scoccare la freccia che si sono usati nel corso della storia. Questi dettagli tecnici richiedono una terminologia particolare e ostica per chi non è del mestiere, e in questo caso una fotografia vale più di molte parole. Comunque, una delle principali caratteristiche della tecnica di Ishi era che preferiva tirare da posizione accovacciata. Era un’usanza tribale direttamente legata alla pratica di caccia degli Yana: un cacciatore accovacciato, nascosto dietro un riparo spesso insufficiente, aveva poche probabilità di fare centro se, dopo aver adescato la preda, doveva alzarsi in piedi per tirare. La posizione accovacciata non era un ostacolo quando si usava un arco non più grande di quello di Ishi, e quando lo si teneva come faceva lui, diagonale rispetto al corpo, la parte alta piegata verso sinistra, la corda tirata all’altezza della guancia. Un’altra, insolita caratteristica di Ishi era che, nell’istante in cui la freccia veniva scoccata, le dita della mano sinistra allentavano la stretta e permettevano all’arco di ruotare su se stesso all’interno della mano. Questa tecnica richiede una presa ferma ma nello stesso tempo leggera, in modo che l’arco non scappi di mano, ma che nulla impedisca il suo movimento. Questo movimento può essere paragonato al “follow-through” dove, colpita la palla, il tennista perfeziona il colpo con un movimento largo e leggero, oppure al completamento della traiettoria ad arco compiuta da una mazza da golf dopo il colpo, mentre il golfista ruota sul piede d’appoggio. Anche la tecnica con cui Ishi tendeva la corda e scoccava la freccia aveva una curiosa particolarità: era diversa da tutte le altre tecniche di tiro, e a tutt’oggi rimane unica nella letteratura specialistica. Si trattava apparentemente di una variante yahi, o meglio yana, della tecnica di tiro mongolica o asiatica, una delle cinque grandi tecniche conosciute, ma che non era mai stata segnalata tra gli Indiani d’America. La tecnica mongolica si usa generalmente con l’arco composito e presuppone l’uso di un anello per il pollice; infatti è il pollice piegato che tende la corda, e le altre dita servono solo a tenere e guidare la freccia. Ishi non usava anello né altra protezione per il pollice, e il suo arco non era composito ma semplice. Dopo una prolungata esercitazione al tiro al bersaglio, il pollice si gonfiava e gli faceva male, ma questo non accadeva mai durante la caccia. Ishi tendeva l’arco con il pollice destro piegato come nella classica tecnica mongolica; la variazione yana stava nella posizione di un dito: la punta del medio veniva appoggiata contro l’unghia del pollice in modo da rafforzarne la presa. A questo punto si pone il problema del perché gli Yana usassero il loro arco semplice con una tecnica diversa dagli altri arcieri e che, caso unico in America, era una variante della tecnica mongolica. Non conosciamo la risposta, possiamo solo ipotizzare che lasciando l’Asia nel corso di una lunga serie di migrazioni ormai dimenticate, gli antenati di Ishi portarono con sé l’arco semplice che avevano imparato a tendere con il pollice, in un’epoca in cui l’arco composito e l’anello per la protezione del pollice non erano ancora stati inventati. Questa ricostruzione storica ci riporta alla preistoria, e presuppone una lingua di terra tra l’Asia e l’America. E’ soltanto un’ipotesi e nulla più, ma conferma quello che già sappiamo degli Yana e che anche una analisi della lingua di Ishi lascia intendere: questo popolo aveva delle radici molto antiche.
FINE
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20/09/2016, 9:51 |
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bac
Iscritto il: 26/02/2011, 11:43 Messaggi: 2674
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sempre perchè è stato tirato in ballo il tiro venatorio ecco di cosa ci siamo dimenticati di parlare il ruolo del cane , soprattutto dei molossi da presa , cani dotati di proverbiale mascella ottimi per bloccare una preda ferita soprattutto se di grossa taglia altro link per approfondire il ruolo del cane: http://www.dicasamarziali.com/it/cani-primitivi-e-levrieri.htmlil tiro etico è roba esclusiva del nostro tempo . i boscimani non si fanno scrupoli di incendiare aree più o meno vaste pur di ricavare radure di caccia , non si fanno scrupoli ad avvelenare le frecce e dopo il colpo seguone la preda anche per giorni .
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05/10/2016, 20:15 |
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Oliviero
Iscritto il: 12/06/2016, 8:06 Messaggi: 534 Località: Milano
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La caccia con animale è stata ed è oggetto di passione, studio e addestramento dell'uomo fin dalle epoche più antiche. Limitarsi al cane sarebbe senz'altro riduttivo. Pensiamo al nobile falco o al talvolta trascurato astuto furetto. Ma l'animale non è usato solo come predatore, esso è anche preda o esca. Alimentare o sessuale. L'accoppiata con l'arco non è affatto scontata. Quanto all'etica animalista, concordo con te. Non se ne sentiva il bisogno perché il rapporto con la natura era molto più stretto di quello odierno è non c'era bisogno di normarne le modalità di relazione. L'animale era rispettato per ciò che era e per ciò che rappresentava. Le sue qualità erano addirittura oggetto di immedesimazione di un individuo, quando non di una intera stirpe o di un popolo. Questo ci racconta, ad esempio, l'araldica. Questo ci racconta la mitologia. Questo ci raccontano le favole dei bambini (e non) da Esopo in avanti. Questo ci racconta la nostra lingua, se abbiamo la pazienza di riflettere sui termini che usiamo quotidianamente.
Si deve imparare a rispettare l'altro solo quando si inizia a dimenticare che egli non è che un aspetto di te stesso. Perché siamo tutti qui di passaggio e facciamo parte di una sola unità e di una sola vita che cresce ed evolve. Quando ci dimentichiamo di ciò che gli antenati di Gionata sapevano per pratica quotidiana, però, è come se diventassimo analfabeti di ritorno, scordando la parte più vera di noi. L'arco storico ha oggi anche questo compito. Chi ha letto attentamente Vittorio non ha davvero bisogno del mio attuale riassuntino delle elementari. I suoi interventi sono un continuo riferimento a questi importanti concetti che io forse ho un po' banalizzato.
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07/10/2016, 7:33 |
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bac
Iscritto il: 26/02/2011, 11:43 Messaggi: 2674
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la caccia dei falconieri è tutta un altra questione . ho tirato in ballo il cane da presa perchè si parlava di tiro etico , il bersaglio da colpire per abbattere un ungulato è quasi proibitivo per una strumentazione storica a meno che non ci si avvicini oltre ogni limite (tutto fattibilissimo) il "primitivo" ha fatto fronte a questo problema risolvendolo in alcune parti del mondo con il veleno da altre con i cani o da sfinimento o da presa e la mente va a quelle belle rappresentazioni medievali di di banchetti con selvaggina e grossi cani a sgranocchiarsi le ossa sotto i tavoli. ( voglio farvi una domanda da un milione di dollari : se posso stare a 5-10 metri non è più letale un giavellotto di un arco?) Cita: Questo ci racconta, ad esempio, l'araldica. Questo ci racconta la mitologia. Questo ci raccontano le favole dei bambini (e non) da Esopo in avanti. esatto tutte visioni mediate da una mente intellettuale ma del resto siamo abituati a piegare la realtà ai bisogni della nostra mente . possiamo prendere un arco di legno , frecce di selce , abbattere un cervo o un bisonte ma saremmo sempre noi con il nostro pensiero moderno condizionato non sarà mai il nostro istinto da solo a cacciare. quello che è cambiato è il rapporto con la natura , oggi siamo pervasi dalla consapevolezza di essere stati noi ad innescare un processo irreversibile di distruzione del pianeta questa consapevolezza gli antichi non l'avevano in testa . (spero di non aver mancato di rispetto a nessuno , se così fosse mi scuso)
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07/10/2016, 10:28 |
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magin
Iscritto il: 27/07/2010, 9:00 Messaggi: 2594
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10/10/2016, 20:21 |
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bac
Iscritto il: 26/02/2011, 11:43 Messaggi: 2674
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Cita: C'è anche chi usa il babbuino! il babbuino da caccia le batte tutte non c'è storia !
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11/10/2016, 13:32 |
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