Salve a tutti,
il notevole brain storming che si è creato in questo Tread circa l’interessantissimo esperimento di Bruno - che saluto e che di nuovo ringrazio per avermi aiutato, attraverso il diabolico mondo di internet, con cookies, passwords e traslochi vari, a rinserirmi in questo bel Forum - mi stimola - non nascondendone un certo imbarazzo a parlarne qui, luogo colmo della sapienza di tanti abilissimi arcieri e Mastri arcai - ad una piccola ma spero interessante digressione sulla percezione che (ogni tanto) ho nelle varie attività di tiro fin qui svolte e “maturate” attraverso esperienze fatte in poco più di quarant’anni su quasi 46 d’età; incentrando ovviamente il discorso su l’ultima, relativa all’uso di arco e frecce, riapparsa ormai da qualche anno e che sta avendo non senza un velo di rammarico la meglio sulle altre, ormai, però, già abbondantemente assimilate.
Ebbene, detta percezione, nell’uso di questo affascinante armamento atavico, la potrei trascrivere con le seguenti parole: “un unico fluido movimento che va dal sollevare l’arco (ma se vuoi in senso ancor più lato da molto prima, proseguendo, senza soluzione di continuità) fin’oltre l’impatto della freccia sul bersaglio”. Detta percezione si può/potrebbe rendere subito chiara e reale già dal momento in cui, prima di tirare, si “sente che il bersaglio è tuo, e tutto va – semplicemente - come deve andare”..
Tuttavia, le cose non stanno sempre così; è, infatti, altresì chiara - forse più frequente e sicuramente più o meno intensa talvolta - la sensazione quando si tira - anche generica - che “qualcosa non va”.. Tale “perturbazione” formatasi, se non percepita e/o più o meno controllata prima del rilascio - momento in cui la tua “volontà”, terminato il contatto corporeo con la freccia, “transita” - comunque - nella spinta che la corda da alla stessa attraverso la mano dell’arco - già è troppo tardi e lo “strappo” è fatto! Avremmo, in questo modo, nella miglio delle ipotesi, già messo una bella “firma” ad una discreta rosata sul bersaglio!
In parole povere, ogni volta che si tira - e non solo con arco e freccia - accade o potrebbe accadere un piccolo (o grande) “terremoto interno” che inevitabilmente arriverà - nel caso d’interesse - a propagarsi fino alla freccia durante la sua importantissima fase iniziale di accelerazione e volo, tramite, proprio, il suo contatto con la corda che la spinge e che è attaccata all’arco; che a sua volta è ancora sostenuto da noi mentre siamo in “balia” (internamene, ma non solo) di detta perturbazione. Le oscillazioni corporee che giungono così alla freccia daranno i conseguenti risultati, ad ognuno, rispettivamente (più o meno) noti.. Pertanto, se non siamo stati subito in grado di percepirla sul nascere - e in taluni casi estremi anche di rinunciare al tiro - detta perturbazione - e qui potrei riferirmi anche, come esempio uguale e contrario, alla condizione che ha rilevato Bruno volontariamente ma non senza difficoltà come da egli stesso precisato(!) quando ha “strappato” appositamente il rilascio "brutto sporco e cattivo", per poter avere dal suo interessante test, conferma della minore velocità d’uscita della freccia - inficerà a tal punto il tiro da comprometterne il risultato (atteso).
Non volendo dissertare, peraltro, sulle esigenze e relativi stati d’animo e/o tensioni corporee/emozionali che ci inducono di volta in volta a scoccare una freccia, cosa questa che - per quanto sopra - potrebbe comunque anch’essa influenzare il buon esito del tiro, ritengo altresì plausibile che anche uno “scarto” di 70cm, come quello raggiunto da Bruno, potrebbe essere ininfluente in taluni casi, come viceversa un altro di soli 7cm(!), altre volte, potrebbe compromettere inesorabilmente la riuscita di un tiro; e ciò, nella “migliore” delle ipotesi trovandosi a caccia; e tralasciando la “peggiore” riguardante un ipotetico combattimento, ormai, del resto, d’altri tempi. Il tutto, quindi, è sempre da considerare anche in funzione del bersaglio che si intende attingere.
Ciò premesso, e per quanto sto per dire non me ne vogliano né vtr né Raff, che apprezzo e stimo per i Loro rispettivi, noti, talenti, credo che Bruno abbia voluto osservare le differenze di velocità di uscita della freccia sulla base di una serie di rilasci - presumo dello stesso tipo (ma questo solo lui può confermarlo o smentirlo) - dal più “pulito” al più “sporco”, i cui risultati ottenuti sembrerebbero, comunque, rientrare pacificamente nell’argomentazione di cui in premessa; tuttavia, per mio modestissimo conto, a me sembra che alla stessa luce possano tranquillamente adeguarsi, per un verso o per l’altro, anche tutti gli altri precisi interventi di seguito fatti. Cintandone gli spunti che dagli stessi ho avuto, ad esempio, si è resa molto appropriata anche l’estendibilità di tale studio ai “diversi tipi di presa” di cui al pregiato intervento di vtr; ma anche a quanto citato da Magin non è da meno, quando asserisce “..utilizzare diversi tipi di arco ... così da capirci di più su quale tecnica di tiro meglio si adatta ad un determinato tipo di arco”; quella di Bac, nella sua precisa sinteticità, cito “..il fattore legno” quello che a noi interessa(!), o di Luca, Nitopi.. quando scrive “Ho idea che gli antichi sapessero benissimo come meglio tirare con il loro arco “tradizionale””.. ma anche infine quello di Carlo-B, che non è proprio da meno quando narra della prova di tiro con l'arco della tv giapponese, dal quale evento si può placidamente comprendere che il risultato di un tiro dipende prevalentemente dalla “tecnica” usata..
Ebbene, tutto ciò è e deve essere sperimentato e/o sperimentabile con i nostri.. polpastrelli
Vi faccio una serie di esempi per arrivare a ciò. Mi è capitato su me stesso, con amici, con le mie figlie ed anche quando ci sono stati altri bambini insieme a loro – ovviamente supervisionando il tutto e chiarendo in primis le necessarie basilari regole per la sicurezza, comunque, da rispettare - a lasciarli fare da soli le prime volte che prendono un arco in mano.. è uno spettacolo vedere, soprattutto i bambini, ancora puri e non “canonizzati” - ma anche rari adulti - come se lo studiano prima, ed affrontano poi dopo i tiri più bizzarri.. ma talvolta, credetemi, anche a modo loro, che rilasci puliti.. ed anche precisione ed efficacia non sono mancati.
La fortuna del principiante o.. causale - e non casuale - istintualità pura, scevra da “condizionamenti” di qualsiasi genere? Ma in fondo.. dov’è il confine tra la riuscita, o meno, di un tiro se non dentro noi stessi?
Pensiamo a Ishi.. o alla bellissima tecnica usata nel kyudo ma qui cambia anche il posizionamento della freccia rispetto all’arco (aspetto che personalmente prediligo usando archi in legno).. e poi quella stile indiano con pollice e indice che tengono la freccia incoccata, potendola modificare a sua volta per archi più forti con l’aggiunta di medio e anulare al di sotto per aiutare a tirare la corda.. e.. perché no, ricordandoci anche di quando eravamo bambini noi, come nel mio caso, in cui spontaneamente, già “d’istinto”, riuscivo a tirare con qualsiasi sistema elastico atto a scagliare anche micidiali astine d’acciaio, smontate dagli ombrelli (di nascosto..), senza impennaggio ma con cocca e punta triangolare affilatissima.. che tempi!
Tutto ciò per far intendere che ognuno, a prescindere dalle “canonizzazioni” più o meno imposte e/o imponibili - ma forse non dico nulla di nuovo ai tanti arcieri più esperti di me - dovrebbe in primis comprendere che tipo di bisogno vuole soddisfare attraverso il tiro con l’arco, quindi, con spirito più fanciullesco e/o spensierato - che noto esistere ed apprezzo spesso qui in questo Forum – dotarsi di un armamento adeguato agli obbiettivi prefissati, ma anche equilibrato in rapporto alla propria prestanza fisica e (ri)cominciare a tirar frecce, provando anche a cambiar tecnica, per (ri)conoscere una (forse) nuova e migliore “instintualità” - in quell’ unico fluido movimento che va dal sollevare l’arco fin’oltre l’impatto della freccia sul bersaglio - atta a consentire di utilizzare arco e frecce con la stessa disinvoltura con la quale, ad esempio, si guida il proprio autoveicolo mentre, magari, si chiacchiera con il passeggero e/o si fa.. quant’altro..
Ecco, quindi, una sorta di auto-test - o di “gioco” - per comprendere meglio il proprio fondamentale trinomio: Arciere @ Sistema arco/freccia @ (tipo di) Bersaglio (da attingere); che immagino così sinteticamente completo, ma che, talvolta, mi sembra di capire, leggendo qua e là tra le righe – motivo del presente intervento – che tale trinomio non è sempre ben proporzionato in ognuno di noi, nel rapporto tra i suoi diversi fattori.. Quando mancano, infatti, queste difficilmente standardizzabili, soggettive, proporzioni – uno per tutti lo spunto ricevuto da Carlo-B - il margine di errore aumenta e la rosata (fisio-pato)logicamente si allarga non soddisfando le nostre aspettative..
Sperando di esser stato più o meno chiaro nell’esposizione del mio opinabilissimo punto di vista circa l’argomento qui trattato, mi chiedevo se c’è qualcuno tra di voi che tira a mani (e dita) nude (come me), che già varia la presa (e il conseguente rilascio, come me) a seconda del tipo di arco-bastone (più o meno storico) che usa o del tipo di tiro che intende fare, o - riformulandola - come tirate voi con i vostri archi, sempre nello stesso modo usando sempre la stessa tecnica o.. la variate?
Un caro saluto.
A presto, Peppe