marco
Iscritto il: 17/09/2010, 12:56 Messaggi: 2675 Località: Verona...
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Le specie relitte Testo tratto dal libro sulla flora della Riserva Naturale di Monterufoli-Caselli
Che cosa è una specie relitta? Per "relitto geografico" si intende generalmente un determinsto organismo che, nell'area dove vive attualmente, è rimasto come testimonianza di una situazione passata durante la quale era maggiormente diffuso. Esistono anche "relitti tassonomici", ossia organismi che hanno mantenuto attraverso il tempo caratteristiche morfologiche e biologiche di antica origine. Ad esempio l'albero di ginkgo (Ginkgo biloba*) era ampiamente diffuso in Europa durante il mesozoico (oltre 65 milioni di anni fa) ed è rimasto praticamente immutato da allora conservando i caratteri arcaici dell’intero gruppo di piante estinte cui appartiene. Come unico rappresentante vivente di questo, esso può considersi un “fossile vivente” ad elevato isolamento tassonomico e filogenetico.
Perché in Italia esistono specie relitte? Per capire come sia possibile trovare piante relitte in Italia occorre ripercorrere la storia della terra da 50 milioni di anni fa fino ad oggi.
Durante il periodo terziario la deriva dei continenti aveva disposto le terre emerse in una posizione abbastanza simile all'attuale. Il Polo Sud però si trovava poco distante dal Sudafrica e l'Equatore decorreva lungo l'Europa meridionale. Il clima della regione corrispondente all'Italia era quindi tipicamente tropicale e la flora era caratterizzata da specie di clima caldo umido tra cui numerose Sequoie, Ficus, Magnolie, Eucalyptus, Bignonie, Gardenie ecc., giunte fino ai nostri giorni imprigionate nella roccia sotto forma di fossili. Durante tutto il terziario il Polo Nord continuò ad avvicinarsi all'Europa a causa di oscillazioni dell'asse terrestre e corrispondentemente il clima divenne via via più freddo. Fino alla fine del periodo terziario il clima della nostra zona rimase caldo, variando dal clima tropicale dell'eocene (50 milioni di anni fa) al clima temperato-caldo del pliocene (2 milioni di anni fa).
Le glaciazioni Dal pliocene ad oggi, invece, il clima europeo fu sconvolto da una serie di raffreddamenti (glaciazioni) che portarono i ghiacci polari ad avanzare fino all'Europa centrale causando radicali trasformazioni nella copertura vegetale di quell’epoca. Gli eventi glaciali pleistocenici più importanti furono quattro: Günz (600-550.000 anni fa), Mindel (480-430.000 anni fa), Riss (240-180.000 anni fa) e Würm (120-70.000 anni fa) alternati da periodi di progressivo riscaldamento durante i quali il clima era più o meno simile all'attuale. Questi ultimi eventi climatici portarono mutamenti importantissimi nella flora europea ed italiana. Durante le glaciazioni infatti le piante tropicali dovettero arretrare verso Sud e scendere di quota verso il mare, spinte dalla progressiva avanzata dei ghiacci e dalle basse temperature. Alcune poterono sopravvivere in stazioni limitate e particolarmente protette, ma la maggior parte di esse scomparve totalmente dal bacino del Mediterraneo. Il risultato delle glaciazioni fu quindi il quasi totale annientamento della flora tropicale terziaria, l'impoverimento dell’antica flora europea, la formazione di nuove specie adattate ai climi freddi e l'arrivo di specie artiche sulle montagne.
Relitti della flora terziaria nella Riserva di Monterufoli-Caselli La Toscana centro-occidentale non fu interessata direttamente dai fenomeni glaciali, pur non rimanendo lontana da aree montane dove essi si manifestarono con notevole intensità. Grazie alle basse quote e alla vicinanza al mare essa funzionò quindi da zona “rifugio” per specie forestali dell’antica flora terziaria sempreverde di clima umido e temperato. Probabilmente esse conobbero anche periodi di relativa espansione in coincidenza con le fasi climatiche favorevoli d’impronta oceanica, ma in seguito allo sviluppo di un clima mediterraneo, quindi più caldo-arido, esse rimasero in particolari stazioni con maggiore umidità del suolo e dell'aria, in particolare nei fondovalle lungo ruscelli o torrenti. Queste piante, alcune delle quali rare in Italia o molto localizzate, sono ad esempio l'agrifoglio (Ilex aquifolium), il tasso (Taxus baccata), l'alloro (Laurus nobilis), e probabilmente anche la periploca (Periploca graeca), e il carice di Griolet (Carex grioletii).
Il tasso Uno dei motivi di maggiore pregio biologico di Monterufoli-Caselli risiede nella presenza del tasso (Taxus baccata L.) con popolazioni cospicue e ben distribuite sul territorio della riserva. Esse occupano una superficie forse maggiore delle vicine stazioni di Castelvecchio e Iano e si pongono fra le più importanti di Toscana e probabilmente dell’intera penisola italiana. Nella Riserva sono presenti numerosissimi individui di dimensioni medio-piccole, ma anche alcuni vetusti alberi di oltre 60 cm di diametro e diversi secoli di età. Il tasso è l’unico rappresentante europeo ad oggi esistente della famiglia Taxaceae, un gruppo di Gimnosperme di antica origine.In ambiente naturale esso è in forte regressione su tutto il suo vasto areale eurasiatico a causa delle variazioni climatiche e/o stazionali avvenute in molti luoghi, delle utilizzazioni forestali, del suo lento accrescimento, bassa competitività e scarsa capacità riproduttiva. Essendo specie amante dell’ombra ed esigente di umidità atmosferica, il tasso predilige normalmente le zone interne di bassa montagna con clima di tipo oceanico. A livello di terreno mostra una certa predilezione per i suoli alcalini, in particolare quelli calcarei. Spesso si trova in stazioni rocciose, impervie o su pendici molto ripide, dove minore è la competizione di altre specie forestali a più rapido accrescimento.
Al termine delle fasi fredde e piovose del periodo glaciale e postglaciale le popolazioni di tasso probabilmente scomparvero da molte aree in cui erano discese e persistettero con alcuni nuclei isolati solo in luoghi con condizioni microclimatiche favorevoli e poco disturbate dall’uomo. Uno di questi è il territorio di Monterufoli-Caselli, dove il tasso continua ad abitare da tempo immemorabile nel sottobosco del querceto, nel fondo umido delle vallecole oppure a stretto contatto con la macchia, anche grazie allo scarso disturbo antropico avutosi durante i secoli passati.
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