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 Nodo dell'arciere 
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Rennu de Arbaree ha scritto:
Ragazzi sto testando il dacron. Per un arco da 48 libbre 12 fili vanno bene? O sto più largo?

Dipende , come dicevano secoli fa in big blue 8-)
I dacron ( almeno quello in mio possesso ) rompe a 28#
12 fili per 28# fanno 336#,
applicando un coeficente di sicurezza pari a 5 si ottengono 67# di carico sostenibile
appicandone uno di 4 ( per me un pò risicato )si ottengono 84# di carico sostenibile
Quindi penso che alla luce di quanto sopra la scelta sia sopratutto legata alla dimensione dello scasso della cocca .
Tieni inoltre presente che sul nodo ( se non adeguatamente rinforzato ) il carico supportato diminuisce di almeno un terzo .


14/09/2017, 14:32
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Rispolvero il topic, più che altro perché stufo di non aver nulla di nuovo da leggere.
Così mi tocca riprendere la corda ...pardon, il filo del discorso, sperando che Magin abbia voglia di dare un po' di movimento al Forum facendo un po' di sano contraddittorio.
:lol: :lol: :lol:

Riprendo perciò il discorso di ciò che significa tradizionale alla luce degli ultimi interessanti incontri con Gibbs e Pim.
Due modi contrari ma entrambi trasgressivi di interpretare la tradizione evolvendo, invece che restando attaccati ad un passato sempre uguale a se stesso.
Ed ecco che il primo, non trovando più canapa in occidente con fibre abbastanza lunghe per i suoi maragnani da 180 libbre, se ne frega bellamente dei prodotti del patrio suolo natio e acquista canapa giapponese dai produttori di corde per gli yumi giapponesi.
Ma come, l'Inghilterra patria dei cordai?!?
Chi se ne frega, la loro canapa di oggi non tiene come quella del Sol Levante!

Ancora più stravolgente la decisione di Pim.
In barba alla filologia, lui cerca il materiale che più di tutti oggi riesce a replicare le inestensibilità delle corde inglesi incollate tudor.
E quale materiale riesce a simulare al meglio queste caratteristiche?
...Ovvio, il fastflight!
In barba a chi sostiene che la rigidità del filato possa stressarle troppo le fibre del legno.
Lui la usa senza farsi alcuno scrupolo, e di serie, sui suoi archi in tasso.

Non c'è da stupirsi.
Come dicevo, fanno così anche i giapponesi: innovano.
Chi ha davvero tradizione alle spalle, non ha paura di cambiare sperimentando nuove soluzioni, verificando nuovi accoppiamenti, studiando migliori rese.
Non avranno fatto così anche i nostri progenitori arcieri?
E allora chi interpreta meglio l'arciere medievale?!?

Chi è nel solco da sempre, ci resta, anche in jeans e maglietta come il nostro fantastico Joe Gibbs.
Questi inglesi non hanno bisogno di fare i medievali.
Loro lo sono, perché ne incarnano lo spirito.
...Come li vorrei in linea tra i nostri arcieri, quando il nemico avanza con gli occhi iniettati di sangue!!!


06/10/2017, 23:19
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Cita:
sperando che Magin abbia voglia di dare un po' di movimento al Forum facendo un po' di sano contraddittorio.

va be ... ci provo ... :lol:

Per quanto riguarda la canapa se in Giappone la filano apposta per corde da archi non vedo nessun problema di ... "filologia", sempre canapa è. Anzi, è meno "filologico" forse usare quella che uso io, filata per filo da cucire forse, o il lino da calzolai ma si usa quello che si può. Alex invece mi sembra che per periodi più antichi fa anche esperimenti di costruzione corde partendo dalla pianta.

Cita:
In barba a chi sostiene che la rigidità del filato possa stressarle troppo le fibre del legno.
Lui la usa senza farsi alcuno scrupolo, e di serie, sui suoi archi in tasso.

anch'io non ho mai capito chi dice così. Comunque David dice che la canapa giapponese è ben più rigida del fast flight. Io ho provato e anche la canapa che uso io (quella per le vele delle navi) è più rigida del fast flight. Avevo fatto una corda di fast flight (o almeno mi avevano detto che era quello li) ma non finiva più di allungarsi e dopo una decina di tentativi mi ha fatto girare le scatole e l'ho messa via.

Cita:
Chi ha davvero tradizione alle spalle, non ha paura di cambiare sperimentando nuove soluzioni, verificando nuovi accoppiamenti, studiando migliori rese.
Non avranno fatto così anche i nostri progenitori arcieri?
E allora chi interpreta meglio l'arciere medievale?!?


infatti Gibbs sta studiando da anni il modo di capire ed ottenere corde il più simile a quelle antiche e si è sbattuto non poco per trovare la canapa giapponese piuttosto di non utilizzare più il fast flight ... forse hai interpretato male ... :mrgreen:

Cita:
Chi è nel solco da sempre, ci resta, anche in jeans e maglietta come il nostro fantastico Joe Gibbs.
Questi inglesi non hanno bisogno di fare i medievali.
Loro lo sono, perché ne incarnano lo spirito.


qui son perfettamente daccordo. anzi direi che è più facile vedere un "arciere storico" vero in abiti attuali che nei travestimenti che tanti pensino bastino a trasformarli in arceri antichi. Chi lo è non ha bisogno del costume.


07/10/2017, 7:28
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Iscritto il: 09/12/2010, 22:17
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sull'inestensibilità dei filati... un conto sono le prove tecniche di carico e allungabilità del singolo trefolo, altro è l'allungabilità della corda finita, derivata dalla sua tecnica di realizzazione. La straordinaria proprietà di resistenza e indeformabilità a trazione delle fibre moderne post dacron b50 (molto più allungabile del Lino), per intenderci, è indubbia, ma godono di questa fama soprattutto perché le corde moderne sono fatte in modo totalmente diverso rispetto alle corde antiche. Non vengono avvolte su sé stesse e intrecciate o arrotolate (se non di poco, per regolare nel fine tuning la loro lunghezza) e risultano "indeformabili" soprattutto perché sono omogenee e lunghe (in sostanza "senza fine" dal rocchetto in cui si comprano).

Le fibre naturali come il lino (Linum usatissimus), la canapa e se vogliamo anche il tendine bovino, sono generalmente corte ( da 20 a 50 cm) e vengono aggiunte l'una all'all'altra per ottenere uno sviluppo utile; di conseguenza devono essere unite tra loro. Qui sta il punto debole. L'intreccio necessario per unirle, soprattutto se non eseguito in modo uniforme e perfetto, cancella o diminuisce il vantaggio dell'inestensibilità del singolo trefolo. Si allunga tutta la corda.

Le corde degli archi turchi &C. sono molto più corte e assomigliano, nella loro costruzione, a quelle degli archi contemporanei, anche se fatte in seta composte da singoli trefoli (la seta è molto più allungabile del Lino) e non sono certo attorcigliate itself. La canapa giapponese è raccolta in spezzoni di oltre un metro. Infatti le corde degli Yumi NON sono intrecciate come le corde moderne. Chissà come erano fatte le corde di canapa dei Warbow...

Il Lino possiede un grado di inestensibilità superiore a tutti i filati naturali e anche di alcuni filati sintetici come il fast flight.
A meno che iniziare a farle con le corde da pianoforte, l'unica soluzione è ricercare fibre il più lunghe possibile, ed imparare a "intrecciarle" molto bene!


07/10/2017, 14:22
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Iscritto il: 12/06/2016, 8:06
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Cordai e filatrici non hanno superato il secolo scorso purtroppo.
Si tratta di arti e mestieri probabilmente persi per sempre, per via delle moderne tecnologie.
Se ne parlava proprio a Travo con Vtr.
Vero, ha ragione quando dice che il filato prodotto per estrusione dei polimeri plastici permette un filo infinito che in natura non può esistere.
Per questo i cordai di archi attorcigliavano due capi.
Basta leggere con quanta attenzione Ascham raccomanda di porre attenzione alla corretta lunghezza della corda, in modo che i capi che la compongono non debbano sciogliersi o scompaginarsi.
Che i cordai degli archi attorcigliassero diversi capi è perciò indubbio, come del resto tutti i cordai del passato.
Da quanto dice Ascham, tuttavia, si capisce anche che più che di una treccia, si trattasse di due capi, ognuno dei quali probabilmente composto da vari fili a loro volta attorcigliati su se stessi.
Parla infatti chiaramente, in un punto, di un capo che si storciglia in modo opposto all'altro.
Cosa che in effetti talora accade.

Ora, per il vero, la tradizione ci tramanda una corda fatta in questa maniera.
Si tratta della corda fiamminga.
Talora viene appositamente fatta con capi di due colori contrastanti per motivi estetici.
Sul capo superiore c'è sempre un loop precostituito.
Esso si crea proprio nel momento in cui si pongono a contatto i due capi.
Su quello inferiore, talvolta c'è un altro loop, altre volte il capo viene lasciato libero per terminare con il nodo che da il nome a questo topic.
Il nostro gruppo usa questo secondo tipo di corda.
Il motivo non è filologico e nemmeno di aderenza alla tradizione.
Si tratta del modello più semplice, veloce, resistente e versatile.
Durante una battaglia, ci si mette davvero pochi secondi a sostituire una corda così su un arco, appoggiandosi al vecchio fistmele come misura approssimativa.
Noi aggiungiamo anche un serving ampio, il cui scopo non è solo quello di proteggere la corda dai graffi della cocca.
Esso serve anche a evitarne il consumo legato al possibile ripetuto contatto col parabraccio, inevitabile se si lavora con una brace basso.
La corda risulta certamente più adatta a libbraggi elevati (tradizionalmente si tende infatti ad usarla solo per quelli), per la maggior resistenza.
Rispetto alla sorella mono capo, rilascia frecce leggermente più lente, perché pesa di più.
Sono abbastanza certo che arrangiate in questo modo anche le fibre naturali hanno la loro da dire da tutti i punti di vista.
Ma ho visto modelli tradizionali anche a tre capi (sempre arrotolati, mai intrecciati, cosa che ne impedirebbe il rapido fine tuning tramite arrotolamento, senza disfare il nodo sotto).

Tuttavia, i nostri amici inglesi non la prendono in considerazione, forse per non penalizzare le prestazioni?
Preferiscono, infatti, una corda più leggera e monocapo.


07/10/2017, 18:16
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