|
Pagina 1 di 1
|
[ 10 messaggi ] |
|
spine corretto , esigenza o mito ?
Autore |
Messaggio |
jeval
Moderatore
Iscritto il: 30/06/2010, 13:12 Messaggi: 2433 Località: pozzo della ignoranza
|
Buongiorno a tutti , era una "roba" a cui pensavo da un po' di tempo , visto il periodo e la disponibilità di tempo ho pensato di fare qualche prova . Semplice curiosità non reale necessità , Il contesto iniziale : archi in legno da 62# e 70# rispettivamente maclura e tasso Quelli che uso abitualmente, le frecce che utilizzo sono in cedro 11/32 , 45-50# , quindi spine da 0.578 a 0.510 e se "mi ricordo come si fa" ( rilascio "pulito" e "dinamico" ) sono sufficientemente precise . Consapevole di usare aste considerate "morbide" ho approfittato della quarantena per fare qualche esperimento che ha avuto esiti sorprendenti Il mio "spacciatore" di fiducia mi ha fornito aste da 50-55, 55-60 e 60-65 quindi ampliando complessivamente i valori di spine da .578 a .400. Per una coincidenza fortunata il peso delle nuove aste corrisponde +/- a quello delle preesistenti ; circa 10 grani/inch ) Il test di tiro dicevo ha dato risultati sorprendenti ( ho scelto di vivere in campagna quindi gli spazi per tirare non mi mancano , non odiatemi per questo ) Alle distanze corte , fino a venti metri le nuove impattano con le altre senza differenze visibili , alla bandiera , anzi allo "scopos" bizantino , descritto da Publio Flavio Vegezio Renato nel "de re militari nel V secolo ( un fascio di canne messo in verticale a 80-90 mt. , ( lo scopo non è prenderlo anche se ogni tanto succede , ma di lavorare sul rilascio per contenere le dispersioni , sia laterali che in profondità ) le dispersioni fra frecce "vecchie" e "frecce nuove" hanno contraddetto la teoria che vorrebbe le une a destra e le altre a sinistra ( se le "morbide finiscano col raggrupparsi a destra o a sinistra è tuttora in corso un dibattito che probabilmente era già in corso ai tempi di Publio Vegezio Le frecce di spinè diverso , con punta e impennaggio uguali sono atterrate random senza preferenze per alcun lato . Prossimamente ho intenzione di fare la controprova cercando un rilascio rigido e statico nel frattempo mi piacerebbe conoscere la vostra opinione .
|
29/03/2020, 18:47 |
|
|
vtr
Iscritto il: 09/12/2010, 22:17 Messaggi: 188
|
jeval ha scritto: Buongiorno a tutti... ....nel frattempo mi piacerebbe conoscere la vostra opinione . Ciao Bruno, sai come la penso. Hai fatto bene a fare il test, ed è un argomento che mi è sempre stato a cuore. Prendo l'assist al volo. Fa parte di quell'insieme di condizionamenti (criminali) a cui la scuola contemporanea (del tiro con l'arco, per non dire tutta la nostra cultura occidentale) non ha mai fatto nulla per aiutare allenando il senso critico. I punti (IMHO) sono principalmente due: 1) l'aspetto della tecnica che ha invaso la materia in modo tipicamente occidentale dando un grande peso al tecnicismo e togliendolo all'uomo, condizionando la metodologia del tiro ad una serie di passaggi obbligati e servendo sul piatto d'argento un "prodotto convenzionale" sportivo bell'e pronto e snaturando la Storia; 2) l'aspetto commerciale dei gizmo tecnologici - unitamente all'incremento del "potere" della casta dei tecnici che utilizzano le "parole chiave"che li rendono indispensabili - che hanno tutto l'interesse a mantenerlo. Capisco ahimé ciò avvenga più facilmente negli sport di massa con tecnici ben pagati, ma nel nostro...mah... il potere della cadrega, allettante solo per i poveri di spirito. Io ho sempre sostenuto che il problema "spine" è nella sua accezione minima è una "problema della mente". Per accezione minima intendo intervalli discreti tra freccia morbida/rigida, in un range di più o meno 4 intervalli (ad es. se la teoria prevede come freccia ideale una classificata "X", posso spaziare tra X+1,, X+2, verso la fascia più rigida e X-1, X-2 , verso la fascia più morbida. Come? semplicemente perfezionando l'assetto e conseguentemente il rilascio. Se io considero lo spine (e il peso, il diametro, l'impennaggio, il F.O.C.) come parametri compulsivamente essenziali, anzi vitali...e consulto le tabelle o mi faccio consigliare dal guru di turno, la mia diventa un ossessione con cui carico le mie tensioni, dimenticandomi completamente l'influenza della variabilità tra un rilascio in espansione "liquido" e un rilascio statico o peggio ancora, strappato . In definitiva, mi faccio prendere la mano da un ragionamento meccanicistico autoricorsivo, ed entro in un loop devastante che può portare (forse) a conseguenze pestifere. Qui deve venire in aiuto è la calma, e la riconfigurazione dei propri obiettivi. a) Alimentare il senso critico e provare (come hai fatto tu), nella piena consapevolezza e lavorando sui fondamentali (assetto, rilascio); b) oppure eseguire, con l'aiuto di un compagno, dei "blind test" dove ti viene messo a dsiposizione un fascio di frecce uguali in apparenza ma diverse nella sostanza. Se il problema è il raggruppamento è la rosata, facilmente i paradigmi negativi svaniscono ed aumenta la fiducia su sè stessi. Un buon punto di partenza. Come direbbero gli Alchimisti, Solve et Coagula
|
30/03/2020, 15:55 |
|
|
Nitopi
Iscritto il: 13/12/2010, 18:13 Messaggi: 2428 Località: Genova - Prata Veituriorum
|
"che non sia così morbida da schiantarsi al rilascio.... Che non sia così dura da estirparti la pelle della mano dell'arco " (se tiri a presa mediterranea) Poi è l'arciere che si adatta....
definizione dell'arciere : "colui che, prendendo dal mucchio un arco e tre frecce.... alla terza becca la preda a 20 metri..." CIaooo
|
04/06/2020, 12:08 |
|
|
magin
Iscritto il: 27/07/2010, 9:00 Messaggi: 2594
|
Per quel che vale (non ho mai fatto esperimenti "seri" ) e avendo l'abitudine di usare frecce una diversa dall'altra, ho sempre dato la colpa dei tiri più brutti a me stesso (in un set di frecce diverse non era sempre la stessa che andava più bene … ). Lo so, non è che sia un qualcosa di significativo ma credo che comunque nel nostro modo di tirare poco "tecnologico", sia l'addestramento che fa di più e non l'attrezzatura ...
|
04/06/2020, 16:28 |
|
|
Pauser
Iscritto il: 15/07/2013, 11:05 Messaggi: 32
|
[quote="vtr"] ... l'influenza della variabilità tra un rilascio in espansione "liquido" e un rilascio statico o peggio ancora, strappato . [/quote] Cosa intendi con rilascio liquido e statico? A me hanno sempre insegnato a lasciare andare la presa, proprio rilasciare i muscoli della mano/avambraccio al momento del rilascio. Mai strappare, ovviamente. È corretta come impostazione?
Scusate se prendo la palla al balzo e sono OT.
|
05/06/2020, 7:02 |
|
|
magin
Iscritto il: 27/07/2010, 9:00 Messaggi: 2594
|
Ciao Pauser, non mi permetto di rispondere al posto del Vi… di Vtr ma ti dico come lo interpreto io … "liquido" significa azione senza soluzione di continuità quindi nel tirare indietro la corda, al punto giusto questa viene rilasciata nel momento giusto senza interrompere il movimento … è un azione fondamentale se si usano archi di legno per evitare che perdano efficienza come con un tiro statico
|
05/06/2020, 11:53 |
|
|
Oliviero
Iscritto il: 12/06/2016, 8:06 Messaggi: 534 Località: Milano
|
Ciao Pauser, Non esiste una tecnica unica, anche se è vero che tirare con gli archi storici ti permette di passare facilmente ai più moderni, ma non vale sempre il viceversa.
Rilassare la mano che tiene l'arco non è una grande idea coi nostri archi. Occorre spingere sempre in modo graduale anche nel momento della scoccata, fino al momento in cui la freccia ha lasciato completamente l'arco. Se rilassi prima corri il rischio di perdere di precisione. Se invece di spingere tieni semplicemente l'arco rigidamente in posizione, la scoccata può provocare uno scatto che corre il rischio di essere pessimo per la precisione. La strappata con la mano della corda va fatta sempre con questi archi, ma deve essere controllata. Deve, in particolare, andare nella direzione della freccia, ovviamente in senso opposto al moto che essa andrà ad eseguire. Strappare verso l'esterno e non verso il dietro, fa perdere in precisione. Quest'ultimo può inoltre enfatizzare una freccia con spine scorretto.
Senza aver sistemato la tecnica e questi suoi dettagli, parlare di spine corretto ha un senso davvero relativo. Conta poco. Ma lo spine conta anche coi nostri archi. Col passare degli anni, si sviluppa una particolare sensibilità che si estende a tutto l'arco. La freccia con spine scorretto "sbatte" contro l'arco. Questo è particolarmente evidente con una freccia troppo dura. Vale un po’ di meno (ma vale) con la freccia troppo molle, che però si tira dietro la sensazione di non rendere, di uscire senza la forza che dovrebbe avere.
È la mia opinione, altri potrebbero averne di altre.
|
07/06/2020, 18:43 |
|
|
vtr
Iscritto il: 09/12/2010, 22:17 Messaggi: 188
|
ok, infiliamoci nell'esoterismo. Quando accenno al "rilascio liquido" intendo un rilascio volitivo ma rilassato. Ma non solo. Mi riferisco soprattutto al controllo di tutto il movimento in espansione del corpo, che parte dal tronco inferiore e prosegue, nella sua maestà, nel cingolo scapolare e nella straordinaria successione di attivazione/rilassamento dei muscoli della schiena che vanno ad influenzare la stabilità ed il movimento del braccio dell'arco.
Il rapporto tra i muscoli extensor digitorum superficialis (che "aprono la mano della corda al rilascio) e i contrapposti flexor digitorum (che "chiudono la mano" della corda) è un esempio importante: minore asincronia c'è maggiormente è pulito il rilascio e si minimizza la sollecitazione sulla corda e le sue oscillazioni sul piano orizzontale, riducend a sua volta quelle sollecitazioni responsabili del famoso e mai vituperato abbastanza "paradosso dell'arciere" (leggi sensibilità allo spine della freccia). Sull'effetto espansivo lungo l'asse scapolo omerale ci ritornerò dopo.
Ma Magin dice il giusto quando si riferisce ad un movimento in continuità, aggiungendo la componente fondamentale relativa agli archi di solo legno che non sopportano bene il permanere in aggancio per tempi superiori al mezzo secondo/un secondo per via della isteresi del materiale costituente. Se misuri il carico con un dinamometro con il classico sistema della freccia graduata ecc ecc ti accorgerai di un singolare fenomento: il carico evidenziato dal dinamometro "cala" progressivamente e rapidamente se lasci per un tempo superiore al secondo per via dell'assestamento delle fibre del legno sotto compressione e trazione (quindi "taglio" lungo l'asse neutro). Chiaro è che se SEMPRE ritardi dello stesso tempo nel tiro reale, avrai SEMPRE lo stesso carico finale (ed energia accumulata) e quindi gli stessi risultati sul bersaglio, ma sei sicureo di ritardare SEMPRE nello stesso intervallo di tempo? Bastano veramente pochi decinìmi di secondo per variare il carico (e l'energia accumulata) quel tanto che basta per giustificare le leggende metropolitane degli arcieri "moderni" che non prendono sul serio l'arco di legno, classificandolo come un mezzo "approssimativo" e non degno a classificarsi come attrezzo "attendibile" (salvo il fatto che per almeno 12000 anni - archeologicamente confermati - ha funzionato perfettamente, e forse molto più indietro nel tempo).
Certo, la fibra di vetro o di carbonio ha molta meno tendenza a "cedere" la sua energia per isteresi. Non per nulla, l'arcieria moderna è basata sulla traguardazione (collimazione) durante la mira, una più o meno lunga collimazione in forma statica (soprattutto). Come dare torto a loro? Ma un arco di legno funziona così. ridurre a zero il tempo trascorso al massimo dell'allungo riduce a quasi zero questi problemi e riduce, inoltre, le sollecitazioni alla struttura.
|
09/06/2020, 21:10 |
|
|
Oliviero
Iscritto il: 12/06/2016, 8:06 Messaggi: 534 Località: Milano
|
Visto che siamo passati alla magia, aggiungerei anche che il movimento nel suo complesso deve essere il più possibile lento. Il termine è adiabatico. Ricercando da una parte la reversibilità dell'energia accumulata nella nostra molla. Dall'altra, evitando appunto il permanere statico in fase di collimazione che tende a far sedere l'arco, come diceva Vittorio. Il movimento lento e controllato permette inoltre di ascoltare con attenzione l'arco che risponde male se piegato male. Se non disassiamo l'apertura, il nostro amico tenderà a flettersi in modo omogeneo, senza cali di tensione. Un movimento di apertura troppo veloce, come talora mi capita di osservare, si perde il sapore di questi dettagli e regala imprecisione. Scendiamo di qualche libbra, se non siamo capaci di entrare nell'arco con l'opportuno controllo.
Ma anche esagerare nella lentezza paga pegno. Esagerare nei tempi di apertura, come si diceva negli interventi precedenti, fa sedere l'arco. Fa adattare le fibre del legno che non restituiranno l'energia accumulata. Un effetto tanto maggiore quanto minore è la perizia del costruttore. Entrare nell'arco significa anche, forse soprattutto, capirne la sua natura.
|
10/06/2020, 5:59 |
|
|
magin
Iscritto il: 27/07/2010, 9:00 Messaggi: 2594
|
Aggiungerei una frase di Ascham a proposito del rilascio: " … per rilasciare in modo pulito bisogna fare attenzione a non colpire qualcuno che sta nei paraggi " E' evidente che si riferisce a un rilascio "dinamico". Non avrebbe senso una frase del genere se fosse abitudine rilasciare "staticamente" come nel tiro moderno. Se si strappa di lato ad esempio c'è effettivamente il rischio di dare un manrovescio a chi sta vicino
|
10/06/2020, 7:17 |
|
|
|
|
Pagina 1 di 1
|
[ 10 messaggi ] |
|
Chi c’è in linea |
Visitano il forum: Nessuno e 0 ospiti |
|
Non puoi aprire nuovi argomenti Non puoi rispondere negli argomenti Non puoi modificare i tuoi messaggi Non puoi cancellare i tuoi messaggi Non puoi inviare allegati
|
|