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 documentazione sull'arco gallese reperibile in rete 
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Il grande arco da guerra, la verità dietro il mito


DI STEFANO BENINI
Parte seconda


La storia affascinante del longbow ha caratterizzato in modo indelebile vicende belliche e venatorie. Poi si comiciò a parlare di sport.
Allegato:
Foto_1.jpg

Foto_1) In questa e nelle Nelle immagini seguenti:
archi provenienti dalla Mary Rose.



Horace Ford, campione britannico di tiro con l’arco dal 1850 al 1859 ed indiscussa autorità in fatto di arcieria inglese, scrisse: “l’arco in legno di un sol pezzo è il solo vero arco inglese antico - quello grazie al quale vennero compiute le poderose gesta che resero famosa questa nazione in passato”. Nella prima parte di questo studio abbiamo preso in esame le testimonianze scritte che ridimensionavano alquanto il leggendario e potentissimo arco inglese medievale da guerra. Andremo perciò ora ad esaminare i tre archi rinascimentali, unici discendenti “sopravvissuti” di quei giorni gloriosi. Volgeremo anche l’attenzione ai primi due archi militari rinvenuti dal relitto della Mary Rose nel 1836 dai fratelli Deane e che, data l’enfasi posta negli anni ’90 sul rinvenimento degli altri 250 archi assieme all’intero scafo dell’ammiraglia, sono stati molto trascurati dai “riflettori mondani” dell’ambiente in questo ultimo decennio. Il primo importantissimo arco, leggermente più antico di quelli della Mary Rose, è l’arco di Flodden, così chiamato in quanto venne usato nella battaglia di Flodden Field (1513). L’impor-tante reperto è ancora oggi appeso ad una parete della Archers Hall, il quartier generale dei Reali Arcieri Scozzesi ad Edimburgo. Nei primi del novecento quest’antico arco venne donato dal Colonnello Fergusson, a Peter Muir, l’allora costruttore ufficiale di archi per i Reali Arcieri. Fergusson sosteneva che il reperto proveniva dalla soffitta di una casa situata nelle vicinanze del campo di battaglia di Flodden, dove era rimasto da generazioni immemori. L’arco di Flodden è un’arma ricavata da un unico pezzo di tasso, probabilmente tasso inglese, lungo circa sei piedi e, secondo la descrizione di Burnret, costruito in modo piuttosto rozzo. Il suo carico di trazione è stato stimato attorno alle 80-90 libbre. Tuttavia la descrizione di Burnett può trarre in inganno: l’apparenza aspra dell’arma, non significa affatto che essa fosse mal costruita. La maggior parte del legno di tasso, anche quello da cui ricavare gli archi migliori, ha un andamento molto irregolare all’apparenza. L’alburno della pianta, seguendo la linea longitudinale del tronco, è spesso ondulato, con frequenti buche e rialzi in molti punti. Normalmente questo legno ha anche molti nodini scuri detti “pins”. È quasi ironico che un arco sia “sopravvissuto” a questa battaglia; infatti G.E. Heath scrive: “Flodden è una pietra miliare nella storia dell’arcieria, infatti questa fu l’ultima battaglia ad essere combattuta in terra inglese con il longbow come arma principale” (The Grey Goose Wing, pag.134). Molti autori moderni sostengono che il merito della vittoria inglese sulla Scozia a Flodden sia da ascriversi all’uso dell’arco. Anche Longman e Warlond, nel loro libro Archery, sostengono che uno statuto Reale del 1515 che incoraggia l’uso dell’arco lungo, sia stato il risultato proprio di quella vittoria. Questi autori hanno probabilmente ragione, ma non per i motivi che essi credono. Infatti, l’unica cronaca contemporanea della battaglia ci narra che: “assai pochi di essi (gli Scoti) vennero uccisi dalle frecce, mentre invece i più tra loro vennero scannati dalle billes (lance con specie di uncini uniti alla punta)”.
Allegato:
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Da questo resoconto impietoso risulta evidente che quella legge venne approvata a causa della miserevole prestazione degli arcieri piuttosto che il contrario! Il più interessante e meno noto esemplare di arco rinascimentale proviene dal piccolo museo di una chiesa del villaggio di Mendlesham, nel Suffolk. Testimonianze scritte dimostrano che si trovava in quel luogo durante il regno di Elesabetta Prima, tuttavia Paterson, Chairman della Society of Archer-Antiquaries e che ne divenne poi il proprietario, crede che possa risalire ai tempi di Enrico VIII. Sfortunatamente l’arco di Mendlesham è spezzato ed è mancante di circa metà flettente , si tratta di un arco in un solo pezzo di tasso e la lunghezza del pezzo rimasto è di 53 pollici (135 cm) Paterson fece a suo tempo queste considerazioni: “Supponendo che il punto di scorrimento della freccia si trovi a circa un pollice al di sopra del centro dell’impugnatura, la lunghezza originaria dell’arco risulterebbe di circa 68-69 pollici (173-175,5 cm) - se ciò che resta è la parte superiore dell’arco - oppure di 71 pollici (180 cm), se si trattasse della parte inferiore. Sono propenso a credere a quest’ultima ipotesi come la più probabile”. Il puntale rimasto è appuntito in modo da ricevere una nocca in corno per il loop della corda. Ciò renderebbe la lunghezza totale dell’arco di poco superiore a sei piedi (183 cm). Le dimensioni di quest’arco ne suggeriscono un carico di trazione sulle 80 libbre ad un allungo di 28 pollici. L’arco di Mendlesham, che può essere definito un longbow tipico, è tuttavia un’esemplare unico per due ragioni: la prima è che, sebbene sia stato costruito per combinare le proprietà elastiche del durame e dell’alburno del tasso, la sua sezione trasversale è più simile ad un rettangolo con gli angoli smussati invece che alla tradizionale sezione a D che ritroviamo negli altri archi della stessa epoca. La seconda è che l’assottigliamento longitudinale del flettente non segue due linee convergenti diritte, ma tende piuttosto a formare una parte maggiormente assottigliata verso il tratto finale. Questa soluzione di bilanciamento dei flettenti consentiva all’arco di spostare il lavoro di flessione più verso la parte alta di essi che non verso il centro dell’arco; questo significava un’arma più ferma nella mano ed un arco che fletteva in forma di elisse invece che a semicerchio, come avveniva per la maggior parte degli archi da guerra sia medievali che rinascimentali. Come i due precedenti reperti, anche l’arco di Hedgeley Moor è circondato da un alone di mistero. Si dice di esso che sia stato usato nella battaglia di Hedgeley Moor (1464), durante la Guerra delle due Rose. L’arco venne donato al Castello di Alnwick da John Wilkinson, la cui famiglia aveva vissuto sui terreni del castello fin dai tempi della battaglia.
Allegato:
Foto_3.jpg

L’arma misura 65,5 pollici (166,5 cm.) in lunghezza. Nel punto più grosso il suo diametro è di 3 cm “il legno è probabilmente tasso” (H. Gordon e A. Webb, Journal of The S.A.A. 1972.) Non vi sono nocche in corno applicate, ma i puntali sono stati direttamente intagliati per fissarvi la corda. Nel punto centrale questo antico arco mostra due profondi segni che appaiono sorprendentemente simili a quelli che lascerebbe una freccia con punta da guerra (bodkin) se fosse tesa troppo all’interno dell’arco. L’altro aspetto insolito di questo importantissimo reperto, di cui purtroppo non possiedo alcuna immagine, è il fatto che il suo carico di trazione sia stato stimato attorno alle sole 50 libbre; il che farebbe supporre che si trattasse di un’arma da caccia, per l’occasione usata in battaglia. Per saperne di più occorrerebbe esaminare da vicino il pezzo, che si trova tuttora nel castello di Alnwick, nel Northumberland. I due archi rinvenuti nel relitto della Mary Rose dai fratelli Deane nel 1836, sono coevi dell’arco di Mendlesham, risalendo anch’essi al periodo di Enrico VIII ma, a differenza degli archi di Flodden e di Hedgeley Moor, la loro datazione e il loro uso sono certi. La Mary Rose era l’ammiraglia della flotta da guerra di Enrico VIII e, come sappiamo, si inabissò nelle acque della Manica nel tentativo di respingere un attacco navale francese. Era il 19 luglio 1545, una domenica. I due longbows sono stati esposti per lunghi anni nell’armeria della Torre di Londra, ora trasferita a Leeds, nello Yorkshire. Nei registri dell’inventario dell’Armeria Reale leggiamo: “archi in legno di tasso, di sezione arrotondata, che si assottigliano verso le estremità fino ad appuntirsi per ricevere i puntali in corno, ora perduti”. Il più lungo dei due misura 75 pollici in lunghezza (190,5 cm), mentre il più corto è 72,5 pollici (183 cm). Entrambi gli archi misurano, al punto più largo, 11,5 cm. di circonferenza. Sono armi simmetriche e presentano la stessa sezione a D dell’arco di Flodden.


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05/11/2011, 14:47
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Foto_4.jpg

Foto_4) Modello e misure dell’arco di Mendlesham
tratto dall’Encyclopedia of Archery di W.F. Paterson.
Horace Ford, il già citato campione arciere ottocentesco, pubblicò ai suoi tempi uno studio su questi due archi . In questo lavoro egli nota che si tratta di archi di un sol pezzo, fatti con tasso “straniero” e con un carico di trazione sulle 65-70 libbre. A mio avviso Ford si ingannava sul carico di questi archi: avendoli visti e fotografati personalmente posso solo dire che appaiono assai più “robusti”!

Le differenze di lunghezza tra gli archi della Mary Rose, quello di Flodden e di Mendlesham, che sono lunghi, in rapporto a quello di Hedgeley Moor, più corto, risiede nel fatto che ogni arciere non di leva usava un arco fatto “addosso” a lui, su misura, mentre quelli della Mary Rose erano archi da arsenale che venivano comprati per adattarsi alle esigenze del più alto uomo in servizio sulla nave. Gli arcieri più bassi si sarebbero fatti accorciare l’arma in rapporto alla loro altezza e lunghezza di braccia, questo punto è anche confermato da quanto scrisse Roger Ascham nel trattato del Toxophilus, scritto appunto nel 1545. Vi è poi da prendere in considerazione il problema delle frecce. Che tipo di freccia usavano con il longbow da guerra? A parte le numerose frecce in pioppo bianco rinvenute nel 1992 nel relitto della Mary Rose, il solo esemplare di freccia medievale a noi noto è la freccia rinvenuta nell’abbazia di Westminster.

Il reperto, ora custodito nella biblioteca dell’abbazia, venne rinvenuto in una delle torrette dell’ala Capitolare nel 1878. L’esatta datazione della freccia è ignota ma, dalla fattura della punta da guerra ancora montata sull’asta, si può far risalire alla seconda metà della Guerra dei Cent’anni. Il Dr. Howard M. Nixon, bibliotecario dell’abbazia, notò che la punta appartiene al tipo 16 della catalogazione del Museo di Londra: “Si tratta della tipica punta leggera da guerra medievale, con piccoli barbigli onde prevenirne la facile estrazione. Sembra probabile che l’asta sia in legno di frassino o betulla”. (Lettera del bibliotecario del 1 aprile 1976).
Allegato:
Foto_5.jpg

Questo tipo di punta era studiato per trapassare la protezione offerta dalla combinazione di cotta di maglia ed armatura a piastra, che era divenuta di uso assai comune dopo la battaglia di Poitiers (1356).

Il Froissart ci narra che gli arcieri del Principe Nero tiravano frecce con punte “a barbiglio” (Cronache, pag. 167). La freccia dell’abbazia misura 30 pollici e mezzo in lunghezza, il diametro dell’asta varia da 1,07 cm in punta fino ad un massimo di 1,14 cm. ad una distanza di 30,5 cm dalla punta. Il diametro poi decresce fino a 0.765 cm alla cocca, il suo peso totale è di una oncia e mezza. La freccia è composta da un’asta in legno lunga circa 27 pollici montata in una punta da guerra con codolo cavo lunga 4 pollici. Nella ricerca di qualsiasi tipo di verità, ci si imbatte inevitabilmente nei giochi di specchi costruiti negli anni dai molti miti, dalle leggende o dalle credenze più o meno popolari. Abbiamo visto che il favoleggiato arco lungo poteva in realtà misurare meno di un metro e sessanta; abbiamo anche visto che il potentissimo arco da guerra, il terrore degli eserciti europei, la cosa più maestosa al mondo quando scende in campo a dar battaglia, poteva anche essere ed era al di sotto delle 80 libbre di trazione e, in alcuni casi, 50.

Un altro argomento con le radici solidamente ancorate al mito è quello della nascita dell’arco lungo. Nel 1188 Giraldus Cambrensis scrisse il resoconto di un suo viaggio attraverso il Galles, noto come Itinerarium Kambriae. Nella sua cronaca il famoso chierico racconta che una tribù di genti chiamate Venta… “erano più avvezze alla guerra e più valorose ed esperte nell’uso dell’arco di chiunque altro in Galles”. Ma abbiamo, grazie a lui, anche una vivida descrizione dei famosi arcieri del Gwent, con i loro archi in legno di olmo campestre, non levigati e lisci ma dall’aspetto rude e rozzo; “che non solo potevano scoccare una freccia a grande distanza, ma potevano anche infliggere terribili ferite negli scontri ravvicinati”. Ora è da questo passaggio che quasi tutti gli autorevoli studiosi di arcieria antica hanno fatto risalire le origini del longbow nel Galles e tra gli arcieri del Gwent.
Allegato:
Foto_6.jpg

Sin:Foto_6) Arco di Flodden; questa reliquia viene associata alla battaglia di Flodden (1513) e fu tenuta nascosta per molti anni in una abitazione accanto al campo di battaglia. Si tratta di un esemplare raro e di gran valore degli inizi del XVI secolo.

Il longbow ebbe origini scandinave

Ma pare che vi sia stato un clamoroso errore di traduzione dal latino medievale. Infatti, secondo Foster e Hoare, autori di un’interessante studio intitolato The Historical Works of Giraldus Cambrensis, la corretta traduzione del passaggio che descrive l’arco e le sue caratteristiche avrebbe dovuto essere: “questi, (gli archi) non erano costruiti per tirare una freccia a grandi distanze, ma per infliggere terribili ferite negli scontri ravvicinati” (Op. Cit. pag.371). Quindi è difficile sostenere che l’arco in olmo gallese del dodicesimo secolo fosse un longbow: se infatti Foster e Hoare hanno ragione, esso non ne aveva la gittata.

Vi è inoltre un’altra fondamentale considerazione che nessuno ha mai fatto, forse perché troppo ovvia; Giraldus era un osservatore acutissimo ed intelligente, tuttavia nel descrivere con tanta efficacia e minuzia quegli archi gallesi, non fa il minimo accenno ad una loro straordinaria lunghezza. Appare improbabile che ad un osservatore come il nostro Arcidiacono potesse sfuggire la più vistosa ed ovvia differenza tra un arco continentale ed un longbow! Quindi pare assai più ragionevole pensare che l’arco “inglese” dei tempi di Giraldus fosse in realtà il corto arco Normanno. Tuttavia pare certo che il longbow fosse già pienamente in uso in Inghilterra durante il regno di Edoardo I Plantageneto (1272-1307). Il Plantageneto adottò l’arco lungo semplicemente perché aveva una gittata superiore all’arco gallese, pur conservandone il potere lesivo dovuto all’uso di pesanti frecce da guerra. Altri due studiosi, Morris e Oman, ci fanno però notare che i motivi cruciali che fecero adottare il longbow da Edoardo I, ebbero origine durante le sue campagne contro il Galles. Vi sono comunque prove sufficienti per sostenere che il longbow venne introdotto in Inghilterra dai paesi Scandinavi, la domanda che resta aperta è quando ciò avvenne. La risposta più attendibile potrebbe essere: durante le numerose invasioni danesi che hanno preceduto l’arrivo di Guglielmo il Conquistatore nel 1066. Sono significativi a questo proposito gli archi rinvenuti su alcune galee sassoni a Nydam Moor, in Danimarca, nel 1863. Questi archi sono stati scientificamente datati tra il 200 e il 400 A.D. La dottoressa Elizabeth Munksgaard, assistente custode del Dipartimento di Preistoria-Protostoria, ha verificato che i manufatti di Nydam sono collocabili nel contesto del Periodo Migratorio nord europeo; questi sono attualmente esposti al Museo Nazionale di Danimarca. Almeno sette di questi archi sassoni assomigliano sorprendentemente a quelli della Mary Rose, a quello di Hedgeley Moor e di Mendlesham. Si tratta infatti di archi in un sol pezzo di legno che misurano in lunghezza dai 170 ai 183 cm, hanno quasi tutti una sezione a D e uno di essi ha conservato un puntale in corno su di una estremità. Queste armi si differenziano dai longbows inglesi presi qui in esame per due sole caratteristiche: recano degli intagli ornamentali e sono compattati con legature ad intervalli in fibra vegetale mista a pece (lettera della Custode del Dipartimento datata 1.4.1976). Vi è anche un ulteriore reperto, rinvenuto negli anni ‘70 dal Dr. Adali Lieshf del Dipartimento Antichità dell’Università di Oslo. Si tratta di uno stranissimo arco lungo Vichingo, recuperato da una sepoltura nei pressi della Fattoria Torshov a Gjerdrum.



La cosa sorprendente è che quasi tutto il legno di questo arco si è deteriorato, ma restano di esso delle bande metalliche in ferro. Il tutto vive così descritto da Lieshf: “Vi sono tuttavia alcuni frammenti metallici non menzionati negli atti ufficiali, da me identificati come parti di un arco lungo fatto in legno ma rinforzato con queste bande metalliche rivettate ad esso. Le estremità di tali bande sono appuntite e, nell’arma originaria, queste eccedevano alquanto la lunghezza del legno” (Lettera del 1976). La cosa lascia perplessi ma, come costruttore amatoriale, posso solo pensare ad un tentativo di rinforzo dell’arco per scongiurarne la rottura dovuta probabilmente alla scarsa qualità dei legni disponibili in loco.

Un’ultima argomentazione a sostegno delle origini scandinave del longbow, viene dal Dr. Lynn White Jr., noto medievalista, il quale ha scritto che nella lingua irlandese antica non vi è un solo termine per descrivere l’arco, bensì due: uno sta per arco corto e la sua radice è Celtica. L’altro sta invece per arco lungo e la sua radice risulta invece essere norvegese (Lettera del 2.8.1976, dal Dipartimento di Storia dell’Università di Los Angeles, California).


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05/11/2011, 14:58
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Dx: Foto_7) Il solo esemplare originale di freccia medievale rinvenuto nell’ala capitolare dell’Abbazia di Westminster. Misura 30 1/2 pollici in lunghezza e ha ancora la sua punta montata.
Allegato:
Foto_7.jpg


Stefano Benini


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05/11/2011, 14:58
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Salve a tutti,
ciao Marco.
Perchè non ci fai partecipe delle tue impressioni dopo il copia incolla?
Raff


06/11/2011, 23:47
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Località: Insubria
marco ha scritto:
Mi sono dimenticato che larco gallese inizia quiiiiiiiii
http://www.arcosophia.net/database/ARCO ... /benin3-02.


08/11/2011, 13:42
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Iscritto il: 28/06/2011, 10:24
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Ciao a chi c'è,

Sono Stefano, l'autore dei due studi sull'arco "Gallese" messi in rete. Sono passati alcuni anni (almeno una decina) e le molte domande rimaste aperte allora hanno ora trovato ulteriori chiavi di lettura sotto forma sia di reperti archeologici che di re interpretazionbi di antichi documenti. Ne ho ricavato un ulteriore studio che ho inviato a Greentime il mese scorso. Purtroppo dopo la scomparsa di Nicola Bucci chi gestisce ora la rivista (tal Signora Bellagamba) non si ricorda nemmeno del mio nome, (presente su Arco dal 1989 al 2001). Ciò detto avrei qualche perplessità sulla sua pubblicazione, che potreste tuttavia caldeggiare inviando e-mails al suo indirizzo personale che è in rete e sul frontespizio della rivista.

Comunque sia, se non venisse pubblicato, mi impegno a metterlo sul nostro Forum, con qualche suggerimento tecnico da Jeval.

Fraternamente

Stefano


06/12/2011, 16:26
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ciao Stefano
hai visto questo?
http://www.youtube.com/watch?v=UPskCGVAsCU

è molto interessante, anche se è più sull'uso che sulla costruzione vera e propria

Un particolare interessante; quando parlano della qualità del legno di tasso accennano al fatto che il migliore proviene dal sud europa.......e qui risalta fuori il nazionalismo inglese, quando persino io, che non mi occupo di lonbow, so che il tasso migliore per realizzarli è proprio quello italiano......e so addirittura che una legge inglese del medioevo imponeva a tutti i commercianti stranieri e soprattutto italiani, che volessero vendere sul suolo della corona, di accompagnare ogni tot chili di merci o metri, nel caso fosse stoffa, da un tronchetto di tasso di almeno 2 metri.

Simpatici questi isolani..... :D


07/12/2011, 16:22
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