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 Materiali per corde d'archi in antico 
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cio che rompe le corde non è l'attrito tra i trefoli ma le continue piegature sia nel punto di incocco che sui bischeri .

spesso si hanno rotture sotto il serving .

da questo punto di vista tralasciando per il momento il carico massimo , l'umidità della corda che ruolo ricopre?


31/01/2012, 12:47
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Salve a tutti,
Premesso che per frizione si sottintende meccanicamente un qualcosa che faccia attrito con altra cosa in una fase di scivolamento o spostamento; nel nostro caso una corda, sia per arco che per altre cose, non può aver trefoli o fibre che possano frizionare con le adiacenti se non in modo microscopico, altrimenti siamo in presenza di una corda in fase di sfilacciamento ove le fibre o trefoli scivolano più o meno velocemente su se stesse provocandone la rottura.
Questa frizione tende ad essere massimizzata dalla torcitura che ha il compito di compattare le fibre su se stesse impedendo ad esse di scivolare per attrito infinito. Per rendere conto della cosa prendete un fiocchetto di canapa per idraulici composto da poche fibre, impugnatene i due capi estremi e tirate: le fibre non ritorte si sfileranno facilmente con basso attrito e di conseguenza con bassa frizione. A questo punto torcetele a mano con una decina di giri e ripetete la prova di trazione, vi renderete conto che difficilmente riuscirete a sfilarle: alto attrito, avete annullato la possibilità delle fibre di frizionare, scivolare su se stesse.
Altra cosa è la possibilità di “frizione”, attrito con spostamento minimo, che si traduce in abrasione delle fibre per compressione alle nocche dell'arco od alla cocca della freccia dove, come ben accenna Bac, vuoi per bordi più o meno vivi, vuoi per sagomatura non idonee che generano pieghe anomale, interviene la compressione-abrasione che va a ledere meccanicamente le fibre, creando così un punto debole ove si verificherà una rottura. In questo caso una inceratura non risolverebbe di molto la cosa. Sarebbe importante che, sia le cocche e le nocche, fossero perfettamente levigate e di forma tale che non ostacolino la corda creando spigoli più o meno vivi ma solo raccordature omogenee. Di aiuto, a mio parere, sarebbe la lucidatura delle gole ottenuta tramite sfregamento di una cordina e successiva inceratura della stessa.
Le cere, ma anche le resine naturali, si possono considerare grassi lubrificanti ad altissimo punto di viscosità. Esse, aderendo alla fibra costituente la corda, tendono anche ad impedire il contatto fibre-legno prevenendo ed ostacolando le abrasioni allo stesso modo di un albero meccanico che ruota in una bronzina lubrificata: finché vi è lubrificante tutto procede bene, quando esso non c'è più uno dei due subisce l'abrasione dell'altro e si rovina il sistema.
Ma, come si può leggere nel post di Sara, esse non si legano alle fibre ma vi si insinuano, favorendo l'allontanamento, non riuscendo a creare legami collanti fra le fibre stesse e in tal modo ne favoriscono lo scivolamento per diminuzione di coesione. Al contrario dell'acqua che legandosi alle fibre svolge la funzione di collante, aumentandone la coesione, anche se subiscono un accorciamento quand'essa è troppa.
Ma, direte voi, i calzolai impeciavano il filo di lino per aumentarne la resistenza: la necessità della famosa impeciatura del filo di lino, attuata dai calzolai d'epoca trascorsa, non era testa ad ottenere un filo più robusto ma piuttosto alla necessità meccanica dell'operazione di cucitura: se non si impeciava il filo esso veniva sfilacciato dai numerosi passaggi dentro fuori a cui era sottoposto, unitamente alla necessità di aver cuciture “stagne”,
Nitopi, da buon Genovese, dovrebbe conoscere bene il fenomeno dell'acqua sulle corde, tra l'altro citato anche nella storia: Daghe l'aiga a le corde!
Qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Acqua_alle_funi
Colla speranza di non aver espresso concetti errati e di non aver ostacolato una risposta della Sara, con la quale mi scuso e che aspettiamo comunque un suo parere, se desidera intervenire.
Raff


31/01/2012, 17:35
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solo per precisare , quando fai trazione e arrivi al massimo allungo pieghi la corda , questo movimento ciclico rompe le singole fibre anche se sopra c'è il serving.

la torcitura aumenta la resistenza perchè converte le forze di trazione ,in parte , in forze di compressione che aiutano a contrastare lo scorrimento delle singole fibre.

l'olio di lino cotto anche se il nome trae in inganno agisce da collante e secondo me stabilizza la corda però chiaramente io non ho fatto test sperimentali su larga scala
ho una corda in uso con questo trattamento è devo dire che va piuttosto bene.
visto che siamo in tema storico mi piacerebbe leggere di tecniche in uso presso i cordai delle varie epoche , dato che io ritengo che in rari casi l'arcere faceva da se le corde.


31/01/2012, 17:57
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Località: tra l'oglio ed il chiese
Salve a tutti
Andando un pò OT, l'arte dei cordai è abbastanza vecchia e solo in questi ultimi 50 anni è stata sostituita dalle macchine.
Prima si faceva così: http://blog.intoscana.it/illavororaccon ... canapa.pdf
http://www.youtube.com/watch?v=thSVrqqWrfU
Raff


01/02/2012, 18:51
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Due cose... Per bac... se intrecciata male o con fili di tipo differente... i trefoli si tagliano tra di loro , eccome (ho fatto rompere due corde una dietro l'atra a mia figlia per questo... le avevo fatte bicolori e mi si era intrecciato più stretto il nero rispetto al bianco e.... zack.... )

Per l'acqua ... la canapa e' particolarmente sensibile (forse la fibra ne assorbe di più) e la corda con essa costruita si accorcia vistosamente.
A senso, penso che la fibra si gonfi e quindi , vista la ritorsione nella corda, l'effetto finale e' di stringerne le spire e farla accorciare...
Nel lino ciò e' molto meno evidente .

Quindi, usando corde di canapa... io le incero abbondantemente... si sa mai che arrivi un acquazzone ....

Una altenrativa che giocoforza uso e' lo strutto... Siccome sono pigro ingrasso l'arco con la corda montata e, dopo qualche tempo, la corda è più unta di strutto che di cera...

Ma ho l'imprassione che lo strutto non impedisca comletamente lo scambio di umidità ma che semplicemente lo rallenti...

Ciao
Luca


03/02/2012, 14:23
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ci vorrebbe un laboratorio della NASA per dipanare la questione , in effetti se ungi l'arco è quasi impossibile non ungere anche la corda.
l'acqua fa rigonfiare la canapa per questo è ottima per sigillare le tubature .
spero che Sara ci illumini ulteriormente.
i test per la resistenza andrebbero fatti sulla corda finita perchè il singolo filo dice poco.
comunque la canapa mi sembra che fosse più usata in passato rispetto al lino che magari era destinato più alla tessitura.


03/02/2012, 16:11
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bac ha scritto:
i test per la resistenza andrebbero fatti sulla corda finita perchè il singolo filo dice poco.

Esatto !!! QUOTONE!

bac ha scritto:
comunque la canapa mi sembra che fosse più usata in passato rispetto al lino che magari era destinato più alla tessitura.


Non so... ho visto delle matasse di canapa "antica" (diciamo ... fine ottocento) che non avevano nulla da invidiare al lino... anzi... il lino ogni tanto ha un "nodino" nella fibra... quella... nulla...

Mi sono anche procurato per "abbigliamento storico" delle pezze antiche (inizi '900) sia di lino che di canapa ... Bo... forse al tatto io preferisco la canapa....

Ciao
Luca


04/02/2012, 0:00
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Iscritto il: 29/01/2012, 0:05
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Scusate il ritardo, (Jeval direbbe sogghignando: arrivi col treno della ghiaia :D ) concedetemi la scusante...l'abbondante nevicata ha rallentato ogni ritmo!
Prima di dir la mia consentitemi questa dovuta precisazione: credetemi, sono lieta di partecipare alle attive discussioni su questo forum, per molto tempo ho attinto ed assistito da spettatrice ed ora invece sono lieta ed onorata di intervenire, prender parte e condividere con voi nozioni e esperienze.
Questo a puntualizzare che le mie sono nozioni prevalentemente teoriche suffragate da qualche anno di esperienza nel campo del restauro, in primis dei metalli e secondariamente ligneo ma nulla più.
A differenza di voi pecco nell'esperienza primaria della pratica, il nesso cruciale e di maggior peso fra conoscenza e competenza.
Premesso questo torno a dir la mia, ci provo...non so da dove iniziare ma ci provo!
A mio avviso i punti fondamentali da approfondire e dove far chiarezza sono due: umidità/fibre vegetali e tecniche di lavorazione (estrazione e ottenimento del filo) e realizzazione del filato (torsione dei fili).
Ha già espresso chiaramente e dettagliatamente raff a proposito!
:D Per gli scettici della corda ingrassata ‘fino al midollo’ rispetto a quella umida e leggermente cerata in superficie allego citazioni da file a proposito di prove di resistenza delle fibre naturali.

Nella Tab.1.2 è riportata la composizione chimica delle principali fibre vegetali.
I loro principali costituenti sono cellulosa, emicellulosa e lignina in quantità relative dipendenti dalla specie e dall’età della pianta – ma in ogni caso a prevalenza di cellulosa –, per cui tali fibre sono spesso denominate fibre lignocellulosiche. Si può notare inoltre la forte igroscopicità di tutte le fibre vegetali, con un contenuto di umidità che raggiunge valori compresi nel range 8-12.6% in peso: ciò si spiega con la natura polare della macromolecola di cellulosa, dovuta alla presenza di numerosi gruppi ossidrilici (tre per ogni unità monomerica glucosidica) e di atomi di ossigeno. La struttura molecolare delle fibre vegetali rivela due regioni distinte: un blocco cristallino di dense molecole impenetrabili ed una regione amorfa dove l’acqua può essere assorbita. L’assorbimento di umidità costringe le molecole cellulosiche a distanziarsi di piú e, di conseguenza, la fibra si gonfia quando è bagnata (fenomeno di swelling).
Allegato:
tabella struttura_composizione fibre.jpg

Nella Tab.1.5 sono confrontate le proprietà fisiche (densità, diametro) e meccaniche delle principali fibre vegetali con quelle delle tipiche fibre sintetiche.
Dai dati riportati risalta in primo luogo l’ampio range di variabilità della resistenza tensile e del modulo, in alcuni casi anche dell’allungamento percentuale a rottura: le proprietà meccaniche variano considerevolmente lungo una fibra vegetale e da fibra a fibra a causa dell’irregolarità della sezione trasversale e della conseguente disuniformità del diametro lungo l’asse. Questa variabilità morfologica è dovuta alla particolare struttura istologica delle fibre vegetali, che sono costituite da fasci (strand) di piú fibrille cementate tra loro dalla lignina ciascuna delle quali a sua volta è formata da celle elementari allungate le cui pareti sono strettamente saldate tra loro da sostanze pectiche.
Allegato:
Proprietà meccaniche.jpg

Ad esempio per il lino il numero di fasci in uno stelo varia da 15 a 40 e ciascun fascio contiene da 12 a 40 fibre elementari.

Si può notare comunque che tra le fibre vegetali il cocco mostra la piú bassa resistenza tensile: ciò è attribuito al basso contenuto di cellulosa (36-43%) e all’elevato valore dell’angolo microfibrillare (41-45°) vedi Tab 1.2; viceversa, nel caso del lino l’alto contenuto di cellulosa ed un basso angolo microfibrillare si riflettono in un’alta resistenza tensile, sebbene questa non possa in generale essere correlata
esattamente a quei due fattori a causa della complessità di struttura.
Ne consegue che i valori di diametro e di sforzo a rottura dipenderanno dal grado di separazione fibrillare raggiunto, nonché dall’eventuale danneggiamento accidentalmente introdotto nell’operazione di separazione.
Allegato:
Fig. 1.4 – Lunghezza di rottura in funzione dell’allungamento % di alcune fibre.jpg


Nella Fig.1.4 è rappresentato l’andamento della lunghezza di rottura (detta anche tenacità) in funzione dell’allungamento % di alcune fibre vegetali (lino, canapa, cotone, sisal, ramiè, abete rosso): tale lunghezza è una misura specifica in uso nell’industria tessile, equivalente in pratica ad un indice di resistenza rapportata alla densità, che identifica la lunghezza alla quale una fibra, fissata ad un’estremità, si spezza a causa del proprio peso. Spiccano il comportamento della canapa, che presenta una rigidità piú alta persino della fibra di vetro elettrico, e quello del cotone, che mostra un allungamento a rottura molto alto (anche superiore al 10%).

Infine un'interessante confronto tra i valori di resistenza meccanica... il lino, ad es. si avvicina decisamente al livello delle fibre di vetro...alla dovuta umidità!!!
Non voglio convincervi...ci mancherebbe altro, i dati sul lino parlano da soli!!
Tab. 1.6 – Confronto di dati fisico-meccanici
Allegato:
Proprietà meccaniche.jpg


Autori vari - Manuale di tecnologia tessile - A. Cremonese;
Bernard P. Crorbman - Manuale delle fibre tessili - Tecniche Nuove;
P. Lennox/ Kerr - Deskbook of World fibers - Textile World;

Sara


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05/02/2012, 0:58
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perchè per il lino ci sono valori così variabili da 345 a 1100 mentre per la canapa viene dato un solo valore ?
riporto uno specchietto proposto da Marco dove il carico di rottura viene messo in relazione al peso dello stesso materiale

Cita:
Il seguente specchietto comparativo indica il carico di rottura espresso in km (ossia la lunghezza alla quale la fibra si rompe per effetto del proprio peso) della iuta rispetto ad altre fibre naturali:

Iuta km di lunghezza 34

Canapa » » 55

Cotone » » 25

Lana » » 8,5

Lino » » 52

Ramiè » » 33


05/02/2012, 11:30
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Salve a tutti,
ciao Bac
bac ha scritto:
perchè per il lino ci sono valori così variabili da 345 a 1100 mentre per la canapa viene dato un solo valore ?
riporto uno specchietto proposto da Marco dove il carico di rottura viene messo in relazione al peso dello stesso materiale
Cita:
Il seguente specchietto comparativo indica il carico di rottura espresso in km (ossia la lunghezza alla quale la fibra si rompe per effetto del proprio peso) della iuta rispetto ad altre fibre naturali:
Iuta km di lunghezza 34
Canapa » » 55
Cotone » » 25
Lana » » 8,5
Lino » » 52
Ramiè » » 33

Molto semplicemente: hanno analizzato un solo campione, vuoi perchè non era loro interesse, vuoi solo perchè a loro interessava il solo valore per paragone.
Il fatto che ci siano valori che rappresentano il minimo ed il massimo, del lino ma anche delle altre fibre, è semplicemente dovuto all'analisi di diversi campioni provenienti da più località, con terreni e climi diversi, che danno diversità di accrescimento delle piante fornitrici di fibre ed in tal modo diversità delle fibre ottenute. A questo aggiungi l'incognita del trattamento per estrarre la fibra, ed il risultato sarà che essa sarà resistente dal valore X al valore Y.
Altra considerazione sulla diversità dei dati ottenuti: il risultato è in parte dovuto ai diversi sistemi di analisi o riparametrazione dei risultati per ottenere i dati definitivi.
Aggiungo anch'io una tabella che non sostituisce quelle postate da Sara, ma le completano, in parte.
Allegato:
proprietà fibre.jpg

Noterai che alcuni dati si discostano da quelli delle tabelle di Sara, ma è cosa normale.

bac ha scritto:
.......................
i test per la resistenza andrebbero fatti sulla corda finita perchè il singolo filo dice poco.
................

Certamente: alle inevitabili difformità del singolo trefolo, sulla lunghezza, si deve aggiungere l'eventuale differenza di tesatura dei trefoli e la torcitura finale che potrebbe differire lungo la corda ottenuta.
Nitopi ha scritto:
................
Mi sono anche procurato per "abbigliamento storico" delle pezze antiche (inizi '900) sia di lino che di canapa ... Bo... forse al tatto io preferisco la canapa....

Ciao Luca

Controlla la torcitura del singolo fili delle pezze: quelli del lino girano in senso orario, quelli della canapa in senso antiorario.
L'invecchiamento e l'uso tolgono alla canapa la ruvidità rendendola morbida come il lino e lo dico con cognizioni di causa: fino all'età di 25 anni ho dormito nelle lenzuola di canapa ed erano morbide e si stropicciavano, quelle moderne no.
Raff


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05/02/2012, 22:52
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