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 Materiali per corde d'archi in antico 
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non vorrei sembrare troppo pragmatico ed interromprere questo momento magico: ma allora, la soluzione migliore qual'è?


05/02/2012, 23:08
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la soluzione migliore non esiste , esistono soluzioni storicamente filologiche e altre no.
dipende da quello che si ha a disposizione.

il grafico postato da Marco ci dice una cosa che a parità di resistenza la canapa è più leggera 55km contro i 52 del lino.

dove si trova il lino da 1200 Mpa? penso che a molti farebbe comodo.

tralasciamo per un istante il carico massimo ammissibile , per quanto riguarda i carichi ciclici e la resistenza alla piegatura ciclica qual'è il comportamento?

in poche parole con quali fibre naturali si ottiene una corda che dura di più ?


06/02/2012, 11:38
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Salve a tutti,
ciao Bac, d'accordo con te che il tutto dipenda da quello che si ha a disposizione ma questo è in contrasto con l'affermazione: “la soluzione migliore non esiste”
La miglior soluzione non sta nella scelta obbligata della fibra migliore, ma sopratutto dal suo modo di lavorazione.
Mi spiego: se prendo del lino e non lo sottopongo a filatura e torsione adeguata (diversità dei fili costituenti i trefoli, trefoli non uguali fra di loro, tensionamento diverso dei trefoli fra di loro, torcitura non uguale sulla lunghezza della corda) non ottengo una corda con la resistenza giusta ma paragonata ad una in fibra di ortica filata e torta a regola d'arte, avrà una resistenza minore. Se l'eventuale conteggio dei fili occorrenti per la corda da x libbre ci dà 12,11 fili, noi dovremmo arrotondare a 13; ma il numero 13 si tradurrebbe in 2 trefoli da 4 fili ed uno da 5 fili che sarebbe molto dannoso per la corda stessa.
Tra l'altro, tra una corda a semplice torsione e tra una ritorta è sempre meglio scegliere la seconda perché, a parità della fibra impiegata, è la torsione che ne determina la massima resistenza ottenibile e non l'impeciatura, ceratura o peggio l'ingrassaggio, come tra l'altro ben specificato da Sara.

Mpa= MN/mt.quadro = N/mm.quadro: 1200 MPa = 122.366 Kgf/mm.quadro.

Specifichiamo subito che i diametri dei filati non si possono misurare in mm quadri, ma vengono misurati con numeri che esprimono un rapporto:
1° titolazione per lunghezza: rappresenta il rapporto fra una lunghezza ed il suo peso. Con questo sistema più è alto il titolo più è elevata la finezza. Per il lino, la canapa e la juta il metodo inglese prevede una base di 300 yards (247 mt) e una libbra (453,6 g)
2° titolazione per peso: rappresenta il rapporto tra peso e lunghezza. Più è alto il titolo maggiore è la grossezza del filato. Solitamente viene espresso in denari poiché riguarda fibre pregiate come la seta. Ecco spiegata la differenza alla resistenza dei vari filati in commercio. Il confronto dovrebbe essere fatto con filati, anche se di aziende diverse, ma aventi lo stesso rapporto lunghezza peso o peso lunghezza.
Qui per maggiori approfondimenti http://www.relisys.it/Anno1/1_UD15_Fila ... essuti.pdf
pag 7.
Come abbiano fatto a determinare le sezioni di calcolo in mm.quadri non saprei; so per esperienza che una fibra tessile è quasi impossibile da misurare in mm.quadri per via degli spazi occupati dall'aria tra le fibre costituenti il filo, spago o corda tessile da misurare, al contrario di un filo metallico o di materia plastica che ne è privo, compatto e quasi sempre di sez. cilindrica.

La resistenza alle sollecitazioni cicliche, quali piegature e carichi ripetuti, dovrebbe esplicarcelo Sara, ma trattandosi di cellulosa, l'eccessiva disidratazione tende ad infragilirla e a nulla vale, nel tempo, il sigillarla con grassi o cere: sotto l'azione del caldo, il sole, un'umidità esterna più bassa, la corda secca lo stesso e noi non ce ne avvediamo. Oltretutto il “rivestimento” che gli abbiamo creato impedisce all'umidità esterna di rientrare nella corda.

In poche parole con quali fibre naturali si ottiene una corda che dura di più ?
Nominalmente con la canapa o il lino, compatibilmente al tuo ambiente ed alla tecnica adoperata per costruirla.
OT: Sara sei sepolta sotto la neve? ti dobbiamo mandare un cane da valanga con la botticela di cordiale? :mrgreen:
Raff


12/02/2012, 1:42
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la ceratura secondo me protegge di raggi uv, è crea un ambiette ostile ai microorganismi cellulosolitici.
ma di tutto questo non ho le prove.


12/02/2012, 15:57
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Località: tra l'oglio ed il chiese
La rete è grande e se sai interrogarla trovi tutto. Prova a vedere se la cera delle api o piante è alimentare o tossica; tieni presente che sostanze per noi umani velenose per alcuni batteri rappresentano un terreno di cultura. :?
Raff


13/02/2012, 1:58
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Iscritto il: 29/01/2012, 0:05
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Carissimo Raff, ci sono!!Sta sgelando, son tornata! :D
Comunque, tornando a noi, anche se non ho partecipato alla discussione vi ho seguito ed ho notato con interesse i tuoi interventi esaustivi sull'argomento!
raff ha scritto:
d'accordo con te che il tutto dipenda da quello che si ha a disposizione ma questo è in contrasto con l'affermazione: “la soluzione migliore non esiste”
La miglior soluzione non sta nella scelta obbligata della fibra migliore, ma sopratutto dal suo modo di lavorazione.

Stiamo interagendo a proposito della 'soluzione migliore...se esiste' sulla base di dati e documentazioni 'virtuali', sono io la prima ad attingere dalla bibliografia ricca in rete e su testi specifici ma ripeto, va fatta della dovuta sperimentazione e ci stiamo lavorando sodo sopra!
Come puoi ben immaginare e constatare le variabili presenti sono molteplici, a mio avviso la grande enorme differenza sta nel tipo di filato usato: metologia di estrazione, lavorazione artigianale o commerciale, ritorsione delle fibre del singolo filo e...da non tralasciare la mercerizzazione...punto cruciale e dolente!
Di uso comune nei filati commerciali, la mercerizzazione migliora le caratteristiche chimico fisiche del filato, parliamo soprattutto del cotone (fibra da seme) ben diversa dal lino (fibra da stelo)!
Il lino è una fibra cellulosica di composizione simile al cotone, con la differenza delle impurezze, soprattutto per quanto riguarda la presenza delle peptine e della lignina.
Il lino è più sensibile del cotone alle sostanze alcaline, anche se per eliminare le sostanze estranee al lino, si ricorre regolarmente all’uso di alcali quali soda caustica e carbonato sodico. La concentrazione di alcali dei bagni e la ripetizione del trattamento determinano la velocità di eliminazione delle impurezze.

Riporto di seguito un trafiletto del Manuale di tecnologia tessile - Cremonese:
Mercerizzazione e sodatura del COTONE
La mercerizzazione è il trattamento effettuato con alcali forti ad elevata concentrazione (NaOH 24-26 Bè), su fibra cellulosica (cotone), che ne determina latrasformazione fisico-chimica conferendole nuove caratteristiche, quali:
- maggior resa tintoriale
- maggior resistenza meccanica
- maggior elasticità
- miglior copertura del cotone immaturo e morto
- aumento della brillantezza
La trasformazione fisico-chimica, consiste nella modifica strutturale della fibra cellulosica che:
- prima della mercerizzazione si presenta con convoluzioni o attorcigliamenti
- lumen centrale o canale interno evidente
- zone amorfe molto estese;
- dopo la mercerizzazione, presenta una sezione tondeggiante, per la scomparsa delle convoluzioni
- scomparsa del lumen centrale
- diminuzione delle zone amorfe per incremento delle zone cristalline dovute all’orientamento e parallelizzazione delle macromolecole.

ed ancora...a differenza...
La mercerizzazione non è consigliata su tessuti a maglia di lino, poiché il trattamento anche a 20-22 Bè di NaOH rende la maglia più rigida, più compatta, meno elastica e meno resistente.

A questo punto la domanda che mi sto ponendo da giorni...molti giorni...è:
Il processo di mercerizzazione del lino atto ad eliminare le 'impurità' estraneee alla cellulosa migliora la tenacia ed il carico di rottura della corda costruita con un filato commerciale?
Oppure quella proveniente da un filato artigianale non sottoposto a trattamenti chimici di mercerizzazione e sbiancatura ossidante risulta più tenace?


Sulla base delle mie 'intuizioni' e deduzioni logiche ma puramente teoriche direi di no!
Una fibra artigianale, costituita da filamenti e microfilamenti lunghi, poco ritorti, non trattati e quindi non deturpati dalla parte di pectine e lignine presenta una maggiore tenacia, resistenza al carico e una componete di cellulosa cristallina maggiore rispetto a quello mercerizzato.

Il file che avrei voluto allegare,il dizionario di Martuscelli, è troppo pesante, vi invio un link dove poterlo scaricare.
http://www.paleoworking.net/download/Do ... scelli.pdf
A mio avviso è molto interessante e delucidante sulla microstruttura delle fibre, ovviamente vanno tralasciate parti non inerenti al nostro discorso ma reputo avvincenti e molto belle le fotografie al microscopio e la parte chimico fisica sulle diverse tipologie di cellulosa I e II (cristallina e amorfa) presenti in ogni fibra e modificate dai processi di mercerizzazione.
Le fig 17_20 a pag 20_22 riportano chiaramente le diverse strutture, ed il collegamento al mondo macroscopico vien da se, anzi, chiedo a voi...intuitivamente una struttura amorfa e più resistente di una cristallina?
I grafici riportati 27 e 28 a pag 29 parlano chiaro, il lino presenta in se naturalmente un'alto grado di cellulosa cristallina come illustrato in fig 26 dallo spettro di diffrazione ai raggi X.
Con questo quesito...della Sara attendo vostre considerazioni in merito!


15/02/2012, 0:57
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un link giusto per intramezzare la discussione con qualche reperto

http://dsc.discovery.com/news/2008/06/20/rope-cave-egyptian.html


15/02/2012, 10:34
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Località: tra l'oglio ed il chiese
Salve a tutti,
Sara I. ha scritto:
Carissimo Raff, ci sono!!Sta sgelando, son tornata! :D
Comunque, tornando a noi, anche se non ho partecipato alla discussione vi ho seguito ed ho notato con interesse i tuoi interventi esaustivi sull'argomento!

Ciao carissima,
Troppo buona, e per dirla alla Fantozzi: com'è umana lei!!! :mrgreen: , mi fai arrossire! :oops:

Sara I. ha scritto:
Stiamo interagendo a proposito della 'soluzione migliore...se esiste' sulla base di dati e documentazioni 'virtuali', sono io la prima ad attingere dalla bibliografia ricca in rete e su testi specifici ma ripeto, va fatta della dovuta sperimentazione e ci stiamo lavorando sodo sopra!
Come puoi ben immaginare e constatare le variabili presenti sono molteplici, a mio avviso la grande enorme differenza sta nel tipo di filato usato: metologia di estrazione, lavorazione artigianale o commerciale, ritorsione delle fibre del singolo filo e...da non tralasciare la mercerizzazione...punto cruciale e dolente!
Di uso comune nei filati commerciali, la mercerizzazione migliora le caratteristiche chimico fisiche del filato, parliamo soprattutto del cotone (fibra da seme) ben diversa dal lino (fibra da stelo)!
Il lino è una fibra cellulosica di composizione simile al cotone, con la differenza delle impurezze, soprattutto per quanto riguarda la presenza delle peptine e della lignina.
Il lino è più sensibile del cotone alle sostanze alcaline, anche se per eliminare le sostanze estranee al lino, si ricorre regolarmente all’uso di alcali quali soda caustica e carbonato sodico. La concentrazione di alcali dei bagni e la ripetizione del trattamento determinano la velocità di eliminazione delle impurezze.

Hai toccato un tasto dolente per noi arcieri: le fibre estratte attualmente devono soddisfare una “clientela” che dipende dalla moda e dalla volubilità del cliente finale che vuole sempre più prodotti, fibre, filati, tessuti, imbottiture, ben diversi da quelli che le piante ci offrono naturalmente e questo va sicuramente a discapito delle sue caratteristiche meccaniche da noi ricercate. Sì, certo, il metodo della mercerizzazione rende più facili alcune operazioni: coloritura, facilità di stiro, brillantezza; migliora la resistenza delle fibre alle sollecitazioni degli usi moderni:lavaggi ripetuti, stropicciamenti, azione del sole, sgualciture; tutte caratteristiche che tu hai ben specificate ma, anch'io, nel mio piccolo, dubito fortemente che il carico di rottura rimanga invariato. Una modificazione strutturale delle fibre cellulosiche c'è, aggiungo: non si trovano facilmente dati riferiti specificamente a fibre mercerizzate.
Oltretutto ribadirei, ma sembra che già l'abbiamo detto, che le caratteristiche delle fibre dipende anche dal luogo di produzione: ad esempio era famoso per la sua resistenza, tempo addietro, il lino proveniente dalle fiandre o dal nord della Francia ed oltre che famoso costava anche di più rispetto ad un lino spagnolo o tedesco per non dire italiano.
Vorrei aggiungere, divagando, che con l'avvento della mercerizzazione moderna si producono tessuti di canapa così fini che vengono spacciate per lino; essa non fa altro che, in parte, riprodurre quel risultato che ottenevano le nostre nonne coi ripetuti ed assidui lavaggi della loro epoca con acqua bollente e liscivia che rendeva le fibre sempre più lucenti, fresche e soffici.
Perdonami, ho divagato anche se in termini semplicistici per rendere il significato comprensibile a tutti del mio punto di vista.
Ma tornando al tuo interrogativo:
Sara I. ha scritto:
...........Il processo di mercerizzazione del lino atto ad eliminare le 'impurità' estraneee alla cellulosa migliora la tenacia ed il carico di rottura della corda costruita con un filato commerciale?
Oppure quella proveniente da un filato artigianale non sottoposto a trattamenti chimici di mercerizzazione e sbiancatura ossidante risulta più tenace?..........

Anche per me è no. Un filato artigianale ottenuto con fibre lunghe di prima qualità, uniforme ed alla giusta torsione sarà più resistente di un altro ottenuto con fibre che sono state alterate chimicamente per altri scopi.
Alla luce di tutto questo varrebbe la pena tentare di auto costruirsi, magari solo per prova, una corda filando da soli il lino in fiocco.

La fibra ideale e tradizionale, per corde d'arco, allo stadio delle esigenze degli arcieri di oggidì, dovrebbe avere queste caratteristiche:
1°- non dovrebbe essere sensibile all'umidità. Tutte subiscono l'azione dell'umidità sia le vegetali, sia quelle di origine animale chiaramente in modi ed effetti diversi. Si ovvia con ceratura, impeciatura o ingrassaggio.
2°- non allungarsi in trazione. Anche questa caratteristica è deludente, quelle che subiscono il minor allungamento sono quelle in lino e presumo anche il tendine.
3°- resistere senza rompersi alla trazione dell'arco potente. A questo si ovvia con l'aumento della sezione totale della corda. Le cocche delle antiche frecce possono essere indicatrici della potenza dell'arco a patto di conoscere il materiale usato per ricavare la corda.
4°- essere sottile. Dipende dalla fibra usata e dalla potenza dell'arco. La canapa, il lino e la seta permetto di costruire corde discretamente sottili rispetto alla potenza dell'arco.
5°- leggera. Le più leggere erano e sono tutt'ora in lino, canapa e seta, sempre parlando di fibre organiche.
6°- duratura nel tempo. Questo è un tasto dolente che a sua volta dipende da moltissimi fattori: tipo di finitura delle nocche usate, la loro angolazione, potenza dell'arco, tipo di fibre usate, la tipologia di lavorazione, l'umidità ambientale presente, tipo e natura di materiali aggiunti come grassi, pece o cera, ed aggiungo anche il tipo di cocca usata per la freccia.
Però, allo stato attuale dei ritrovamenti di corde d'archi antiche, cosa sappiamo dei trattamenti eventuali a cui erano state sottoposte? Ammesso che in antico si curassero maniacalmente del “brace” con si usa oggigiorno.
Apro una parentesi: le cere e i grassi hanno sostanzialmente la stessa formulazione molecolare, i grassi principalmente, irrancidendo alterano il PH (acidità o alcalinità) e possono trasformarsi, penetrando a fondo tra le fibre, in un ottimo terreno di cultura per batteri che accelerano i processi degenerativi della cellulosa; questo in aggiunta ai fenomeni da te citati. Le cere, che in un primo tempo fungevano da isolante nei confronti dell'acqua, anche loro subiscono il degrado da parte di agenti esterni quali la luce del sole, l'acqua stessa, il calore, tendendo a saponificare diventando ricettacolo di batteri.
Tra parentesi, avendo avuto un passato professionale nella produzione del biogas da rifiuti organici, ogni qual volta mi portavano le fecce di cere ed i residui degli alveari mi fregavo le mani perché significava aumentare la produzione del biogas, e di molto. Tradotto in parole povere le cere, ma anche i grassi sono nutrimento, ad alto rendimento di gas, nei confronti dei batteri presenti nel digestore. Attenzione, quei batteri sono presenti naturalmente anche nel nostro ambiente di vita quotidiano!
Ma non debbono preoccuparsi di questi fenomeni coloro che tirano 100-200 frecce alla settimana, la corda si romperà per sua usura fisica e non per colpa dell'effetto di degrado dovuto alla cera o ai grassi, che rappresentano un fenomeno sempre nocivo ma lento nel tempo.

Esaminiamo la necessità di dotare l'arco di una corda, in antico. Personalmente intenderei per antico il periodo antecedente all'affermazione massiccia dell'arco a scopo di guerra, in cui il suo uso era pianificato ed esaltato con tattiche militari appositamente studiate. Quel periodo in cui l'arco dava la possibilità al possessore di risolvere la sussistenza del suo gruppo familiare ed eventualmente di difendersi dalle eventuali scorrerie dei vicini, non sempre pacifici.
Ma anche riferendosi a quel periodo il pensiero va subito alle fibre di lino.... ma l'arco è stato inventato prima della conoscenza di questa fibra che, ovvero, esisteva già come pianta, ma non se ne conoscevano ancora le proprietà e soprattutto era confinata in un areale ristretto, al pari della canapa; insomma in Europa non era conosciuta. Conoscevano ed impiegavano sicuramente altre fibre, sicuramente con caratteristiche inferiori, ma sicuramente atte ad essere impiegate sugli archi per le loro caratteristiche di tenuta e resistenza: strisce di pelle ritorte, tendini, budello animale, radici, fibre da corteccia di quercia, tiglio, betulle, salice, erbe quali le ortiche, ecc.
Lo so che molti storceranno il naso ma cerchiamo di essere consci della realtà della regione geografica: quali materiali offriva l'areale in cui si viveva e cosa succedeva ad impiegare corde di derivazioni animali in zone umide, boscose e paludose, anche se fredde, o in riva al mare?
E' chiaro a tutti che in questi frangenti, in poco tempo, l'uomo arciere ha risolto la situazione rivolgendosi alla fibra che più si addiceva alla costruzione di una corda consona all'habitat in cui doveva operare, ed ecco le distinzioni: nelle aride steppe dell'Asia ci sarà il trionfo del tendine e budello animale, nell'Europa fresca e rigogliosa di vegetazione, sottoposta ai venti dell'atlantico apportatori di pioggia, trionferanno le fibre vegetali... ma il lino verrà dopo.
Ma questo ha avuto riflessi anche sulla tipologia di archi: legno, corno e tendine per il composito asiatico, solo legno per gli archi europei.
Che ne dici Sara? E' tutta colpa delle ciliege sotto grappa che sto gustando?
Grazie del link Bac, qui un documento con sole immagini: http://www.mtsn.tn.it/perlascuola/docum ... a_filo.pdf ma sempre di reperti storici.
Raff


19/02/2012, 0:09
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Una bella ricerca della dott.ssa Cinzia Loi sul lino sardo
la trovate qui:
viewtopic.php?f=10&t=1178


07/03/2012, 10:31
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Ciao a tutti ,per riaprire la discussione ieri ho iniziato la riproduzione di una corda vegetale ma con il libro di rubinia,non voglio costruirla tutta solo un pezzo,è il procedimento che mi interessa.
Per ora ho tolto del libro e lascito a bagno in acqua e cenere.
Stasera gli do' un bollita e domani provo a fare la corda con due trefoli.

tempi e metodi?? :D


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27/05/2014, 10:38
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